Oggi si parla molto di psicoterapia canina, analisi comportamentale canina, educazione cinofila ecc ecc…ma tutto ciò non è assolutamente nuovo.
Quella che trovate qui di seguito è la traduzione integrale di un articolo apparso nel 1950 su “Life”, uno dei mensili più letti e famosi dagli Stati Uniti, riguardante il primo psichiatra cinofilo statunitense che già negli anni 20 aveva avuto questa intuizione e iniziava il trattamento del disagio psichico di cani “problematici” facendolo diventare successivamente nel primo dopoguerra un’attività che avrebbe scatenato una valanga di consensi.
IL FREUD DEI CANI – pubblicato su LIFE – 9 gennaio 1950
Persone con menti frivole potrebbero trarre la conclusione, dalla scena nell’immagine, che il cane si trovi sul suo lettino dello psicanalista estrapolando dal suo subconscio alcune memorie di cucciolo che lo hanno lasciato con un’affliggente neurosi… che, di fatto, è proprio quello che sta succedendo.
Il cane è un meticcio, in parte schnauzer, di nome Tex, la cui psiche è pervasa da un complesso di insicurezza crescente.
L’uomo è Clarence Ellis Harbison, per 30 anni addestratore di cani e allevatore, il quale ha ora iniziato l’attività di primo psicologo dei cani del paese.
Una professione già profetizzata da James Thurber 12 anni fa, come mostra la vignetta.
Mentre i disagi mentali di un gruppo così indigente come quello dei cani può sembrare un settore non gratificante o addirittura esoterico sul quale vivere, Harbison non ne ha questa considerazione.
Quando iniziò in una piccola cabina come consulente psicologo dei cani nel Buffalo Kennel Club Show lo scorso febbraio, fu assediato dai proprietari di cani nevrotici.
Dopo una conferenza che diede in materia a un’ aula di psicologi dell’università di Xavier in aprile, ricevette una standing ovation.
Quando parlò per 10 minuti in una emittente radiofonica di Los Angeles in agosto, arrivarono oltre 600 telefonate in 45 minuti dopo che Harbison lasciò il microfono.
Sembra certo sorprendente, anche in un mondo nel quale sono fioriti i servizi professionali di dog walker (l’attuale dog sitter, n.d.r. ), menu per cani nei ristoranti, almeno un club per il bagno dei cani (iscrizione: 10 dollari all’anno) dove un cane può andare per un tuffo rinfrescante, gli astrologi per cani che stilano oroscopi canini e un dizionario di cani compilato dal lessicografo Wilfred J. Funk dopo innumerevoli conversazioni con i cani stessi.
Non avendo avuto formale addestramento in psicologia o psichiatria, Harbison non ostenta di essere uno psicologo a pieno titolo nel senso comune del termine, ed essendo impegnato in altro modo neanche si aspetta di vivere solo di quello.
Nondimeno, crede profondamente che i problemi mentali dei cani siano diventati tanto seri, anche se meno intricati, quanto quelli presentati agli psicologi professionisti dai pazienti umani: e la sua esperienza ne è a supporto.
Il suo aiuto è stato richiesto moltissimi proprietari di cani afflitti da complessi di persecuzione, atteggiamenti d’inferiorità, cleptomania, claustrofobia e altri tratti di nevrosi che la sua pratica può attualmente evidenziare nel suo modesto studio a Noroton, Connecticut.
Questo sembra molto probabile visto che raramente fa pagare per il caso medio, chiedendo invece che il proprietario doni una somma da 10 a 20 dollari alla Westchester County S.P.C.A., di cui è il presidente.
Se l’aberrazione del cane non scompare alla conclusione del trattamento, il proprietario non paga alcunché.
Ma la psicologia canina offre altre gratificazioni.
Come Harbison ha scoperto tempo fa, i cani non solo sono soggetti a malattie mentali come gli umani; sono soggetti alle stesse malattie.
Poiché crede che i cani siano intelligenti quanto gli esseri umani, ma molto più rispettosi e gentili (“non esistono cani viziosi”), Harbison crede che sia un vero e proprio regalo qualsiasi sua osservazione sulla psicologia canina che possa avergli insegnato qualcosa sul comportamento umano.
La sua vera gratificazione è la mutua comprensione e la tolleranza che crea nel rapporto cane-animale, spesso marcato da amare recriminazioni, scambi strazianti e notti insonni a causa degli ululati.
Il primo caso di Harbison: Gretel, la “cleptomane”
Nonostante abbia iniziato la professione di psicologo dei cani solo lo scorso anno, Harbison cura incessantemente i disagi mentali dei cani da molto tempo.
Il primo caso psicologico affrontato fu quello di Gretel, un pastore tedesco da guardia afflitto da cleptomania.
Fu negli anni 20 quando Harbie (così è chiamato dagli appassionati di cani) stava gestendo un allevamento ad Aberdeen, Maryland.
Il particolare oggetto della cleptomania di Gretel erano i polli della fattoria vicina.
Dopo averla ripetutamente pestata, il padrone imbestialito decise di “metterla a dormire”, l’eufemismo usato dagli allevatori per definire l’eliminazione.
Harbison, per il quale l’eliminazione dei cani è come la pena capitale per chi cura i bambini, chiese l’affidamento del cane per poche settimane.
La isolò nell’allevamento, la curò e scoprì che, lontana dalla tentazione, Gretel era un cane intelligente e trattabile.
Gretel a sua volta scoprì che al mondo c’era gente che amava e non picchiava i cani. Harbison poi decise di provare a convogliare gli indubbi talenti di Gretel in diverse attività. La girò a un addestratore del New Jersey che ne fece uno dei primi cani guida statunitensi per i non vedenti.
Passò sette anni nell’utile compito di condurre un non vedente di Boston attraverso Harvard e in una attività assicurativa di successo.
Harbison crede che la cagna gli abbia aperto gli occhi sulle possibilità della psichiatria canina.
LA CARRIERA DI HARBISON
Il primo passo nel trattamento Harbison di un cane neuropatico consisteva in un colloquio con il proprietario, durante il quale apprendeva la storia del cane, chi lo nutriva, se era mai stato addestrato, come e se era punito. Le frustate sono spesso la risposta a qualsiasi cosa.
Talvolta riusciva a mettere il dito nella causa della difficoltà del cane senza neanche averlo visto.
Curò un Doberman apparentemente claustrofobico di proprietà di Rudy Vallee nel seguente modo: Vallee viveva in un appartamento
a New York e suonava in un hotel, quando Himmel, il Doberman, cominciò ogni giorno attorno alle 11 del mattino ad agitarsi cercando di uscire dalla porta o finestra più vicina.
Durante tale periodo sembrava in completa frustrazione per il fatto di essere chiuso tra quattro pareti.
Chiamato per una opinione, Harbie diagnosticò il caso immediatamente.
A causa delle abitudini di vita di Vallee, Himmel restava nell’appartamento dall’ora di cena, quando il direttore d’orchestra usciva per gli impegni serali, fino a mezzogiorno del giorno seguente, quando si alzava.
La frenesia di Himmel era semplicemente il risultato di un comprensibile desiderio di far visita all’uomo nella sua stanza.
Nonostante l’incapacità del cane di comunicare come gli umani aiutasse ad aggravare le sue aberrazioni, ciò non impedì mai a Herbie di effettuare i suoi trattamenti psicologici.
Un motivo è che molte difficoltà hanno origine dal proprietario, che invece può parlare.
Un altro è che Herbie, avendo insegnato a dozzine di classi di obedience, addestrato molti cani e giudicato o partecipato a circa 2.000 dog show, poteva molto probabilmente leggere nella mente di un cane!
Normalmente, dopo il colloquio iniziale, faceva visita alla casa e osservava le reazioni del cane nel suo ambiente abituale.
Occasionalmente portava casi seri a casa sua per osservarli meglio.
Si trattava di una casa coloniale di medie dimensioni il cui giardino posteriore era dedicato a un recinto per cani, completo di tavolo per la toelettatura e di un alto posatoio (come i bambini, anche i cani talvolta amano stare in alto).
Il seminterrato conteneva dei serragli utilizzati per grossi cani durante la notte; i cani più piccoli – Harbison ne teneva sette, di cui alcuni precendenti pazienti – dormivano o nella sua camera da letto o in quella della signora Harbison.
Harbison studiava le condizioni mentali del paziente per diversi giorni, osservando come giocava, mangiava e reagiva agli altri cani, estranei e amici. In seguito deduceva gradualmente la causa del problema.
La cura era a volte un cambiamento relativamente semplice, raggiunto quasi meccanicamente.
Dempsey (nella foto a sin.) uno Staffordshire terrier che Harbison aveva salvato dalla camera a gas di una associazione umanitaria, ad esempio, era un cane notevolmente vigile, prorompente con l’energia della sua muscolatura d’acciaio e che era solito precipitarsi nelle cose che faceva con una insensata furia ansiosa, buttando a terra persone, sedie e vasi nella sua brama di fare ciò che gli era stato indicato.
Harbison cambiò Dempsey in un cane relativamente calmo e rilassato addestrandolo a tenere in equilibrio una palla sulla testa, insegnandogli quindi la pazienza, la delicatezza dei movimenti e la fiducia in se stesso.
La fiducia è tanto importante per una personalità canina quanto lo è per l’uomo.
Psichicamente i cani sono animali dalla mente semplice che esprimono emozioni immediatamente, gioia, tristezza (occasionalmente piangono), interesse, paura o collera.
Hanno un fiuto notevole, un buon udito e una memoria formidabile.
Generalmente amano la compagnia dell’uomo più di quella dei loro simili.
Cercano e hanno bisogno di un padrone che guidi la loro vita tra l’accozzaglia delle complessità e le tensioni nervose della civiltà moderna.
Molti padroni mancano nel fornire quella guida e i disturbi dei cani solitamente derivano, come per gli uomini, dagli sforzi fatti per affrontare i problemi troppo grandi e complessi per le loro capacità di adeguamento.
Così il cane che è costantemente o ingiustamente redarguito apprende a farsi piccolo e sgattaiolare come migliore, ma inutile, soluzione alla sua difficoltà.
Una volta acquisito, questo modello di comportamento raramente cambia senza un aiuto esterno.
La pratica di Harbison gli portò alcuni curiosi campioni della psicologia canina, come i cani con fissazioni su particolari ossa o una paura morbosa dei lampi, ma riscontrò che la maggior parte dei casi sono forme comuni di cattivo comportamento che vengono portate a estremi neuropatici.
Nonostante non esistano due cani uguali, e conseguentemente nessuna cura singola possa essere applicata a tutti i casi, egli aveva alcune prescrizioni standard relative a disturbi standard, alcuni esempi dei quali sono qui di seguito riportati.
ALCUNE PRESCRIZIONI DI HARBISON
ABBAIO FREQUENTE: questo è probabilmente la difficoltà più comune.
Il proprietario dovrebbe sempre cercare di apprendere perché il cane abbaia.
Talvolta il cane è semplicemente confuso – dei comandi sono dati flebilmente e incoerentemente, o il proprietario è un duro fanatico della disciplina che da troppi comandi. A volte un cane abbaia per pura noia. La vita di un cane dovrebbe variare giornalmente con la toelettatura, cibi vari, passeggiate e addestramento all’obbedienza e giochi di abilità. Ha bisogno di un interesse nella vita come gli uomini.
AGGRESSIVITA’ VERSO GLI ESTRANEI: il proprietario dovrebbe tenere a mente che la protezione della sua proprietà è uno degli impulsi più forti del cane.
Lasciatelo abbaiare una o due volte – dopo tutto, un cane ha i suoi privilegi – e poi fategli capire che va tutto bene. Se tende a mordere gli estranei, insegnategli a sedersi e porgere la zampa, poi fategli porgere la zampa a chiunque arrivi in casa. Questo gli farà ottenere elogi ed ammirazione sublimando così la sua precendente aggressività.
ECCESSIVA CONFIDENZA: mai e poi mai lasciare che un cane metta le zampe su di voi. Insegnategli che qualsiasi umano è un territorio proibito e che non può chiedere attenzione saltando addosso. Siate intransigenti su questo punto.
INSEGUIMENTO DI VETTURE: la risposta a questo è semplice: un cane non dovrebbe mai essere libero di girare dove vuole.
Nessun addestratore lascia i propri cani vagare per il vicinato, poiché possono incorrere in qualsiasi tipo di difficoltà. Se ritenete di doverlo lasciare girovagare, una catena penzolante dal collare gli batterà contro le zampe quando correrà verso le auto, o gli si può far indossare una bardatura alla quale è sospeso un bastone di legno che gli colpisca le articolazioni quando corre.

Il trattamento di Harbison era doppio: eliminare le cause del modello di cattivo comportamento del cane e lanciarlo in un corso di ricondizionamento mentale studiato per riportarlo a una vita canina salutare.
Con Tex, meticcio, il caso più duro incontrato da Harbison, il trattamento iniziò, come per la maggior parte dei pazienti di Harbison, dal momento in cui si incontrarono.
Tex era stato un cucciolo timido ed educato quando fu adottato in Texas da un giovane e sua moglie. Ma la loro vita di viaggiatori richiedeva che Tex fosse girato a una successione di padroni, alcuni dei quali avevano già dei cani.
Ad ogni cambio Tex cresceva sempre più geloso e insicuro e quindi più sgradevole; morse un membro di una famiglia proprio il giorno di Natale.
Finì, come cane realmente problematico, in un ricovero per animali dove Harbison lo trovò.
Accogliendolo, Harbison gli ordinò energicamente di salire in auto, sapendo che Tex odiava le vetture, e ignorandolo lo portò a casa.
Nessuno aveva osato lavare Tex per mesi; detestava il bagno. Harbison lo lavò e gli offrì del cibo.
Quando lo rifiutò, gli venne tolto il cibo e fu confinato in un serraglio di addestramento.
Durante i seguenti giorni Tex osservò Harbie e Harbie osservò Tex.
Harbison riconobbe velocemente l’abbaio e il ringhio aggressivo del cane come meccanismo di difesa che nascondeva un atteggiamento
morboso di paura.
Quindi Tex ricevette parole gentili quando era buono; rimproveri decisi ma tranquilli quando non lo era.
Una ciotola d’acqua scagliata sul muso era la punizione più dura che riceveva quando abbaiava eccessivamente.
Dopo alcuni giorni ritrovò l’appetito e fu presentato gradualmente ad altri cani del nucleo familiare di Harbison. Per un po’ ringhiava e abbaiava loro, ma veniva ignorato, e Tex apparentemente iniziò a rendersi conto dell’assurdità del suo comportamento.
Così iniziò a crescere e ad adattarsi a un ambiente che non andava oltre le sue capacità.
Il suo abbaiare e scattare bruscamente diminuì.
Tollerava gli altri cani e anche se manteneva la tendenza a tornare al suo atteggiamento di inferiorità, anche questo scomparì gradualmente.
Passò molti periodi felici sdraiato ai piedi del suo nuovo padrone o sul sofà del suo studio, ascoltando la voce calma che gli diceva che era un cane buono e ben voluto, mentre una mano amichevole gli dava un buffetto sulla testa – tutto ciò che ci vuole per mettere profondamente e completamente in ordine il mondo di un cane.
Ancora alcuni mesi e Tex sarebbe stato pronto a prendere il suo posto nella società.
Lorelei, un Dobermann che manifestava aggressività feroce, fu portato ad Harbison per essere addestrato quando stava conducendo una classe di obedience a Chicago.
Alla vista di un altro cane divenne furiosa, abbaiando e tirando freneticamente il suo guinzaglio per poter raggiungere l’altro cane. Harbison presto scoprì che avversione e risentimento per il cane da parte dei vicini aveva creato nel suo padrone un sentimento
difensivo e di vergogna nei suoi confronti, un sentimento che comunicava a Lorelei.
Questo la faceva infuriare.
Harbison spiegò le potenzialità del cane al suo proprietario e prese Lorelei sotto le sue cure.
Dopo alcune settimane la sua inferiorità svanì e non riapparse più.
Successivamente, Lorelei ottenne i tre brevetti di obedience conferiti dall’allora American Kennel Club – CD (Companion Dog), CDX (Companion Dog Excellent) e UD (Utility Dog).
LA STORIA DI HARBISON
Harbison ascrisse molta della sua conoscenza sulla psicologia canina, i molti espedienti e abilità, a una particolare fase della sua carriera.
Questa iniziò a Schenectady, dove nacque nel 1886 come figlio e nipote di addestratori di cavalli.
C’erano sempre cani intorno alla casa, e nonostante lui lavorasse per un certo periodo alla General Electric Company, non ebbe mai dubbi su ciò che avrebbe fatto nella sua vita.
Iniziò un allevamento nel Maryland nel 1923 e nel corso degli anni apparse sulla scena con cani addestrati, club cinofili in gestione, dando assistenza ai primi addestramenti di obedience negli Stati Uniti, lottando contro legislazioni ingiuste e discriminatorie verso i cani e servendo utilmente molti consigli d’amministrazione di associazioni caritatevoli.
Inoltre divenne anche promotion manager di un dog show per la Quaker Oats Company.
A partire dal 1928 Harbison fu redattore cinofilo di Vogue e House & Garden per 15 anni, durante i quali rispose a tutte le domande che i lettori gli scrivevano.
Come qualsiasi redattore sa, questo richiede un grosso impegno, che lo condusse a un’enorme ricerca e sperimentazione.
Fu in parte da questo fondamento di conoscenza che attinse per il suo successivo lavoro di psicologo canino.
Se il cane è il migliore amico dell’uomo, Harbison era probabilmente quello del cane.
Aveva una profonda passione per i cani – tutti i cani, anche quelli da salotto, nonostante il pastore tedesco fosse il suo favorito – mentre era incline a irritarsi un po’ con le persone, una razza che solitamente considerava con tolleranza, che gli portava pazienti e iniziava con
“Il mio cane è perfetto ad eccezione di una cosa.”
E lui , sbuffando verso la moglie: “Quanto perfetto deve essere un cane? Quante persone sono perfette ad eccezione di una cosa?”.
Era incline a credere che molte delle incomprensioni tra gli umani e i cani fossero dovute a una paura vecchia come il genere umano, quella della rabbia.
Puntualizzava che la rabbia è una delle malattie canine più rare.
Aggiungeva anche che una causa frequente dei problemi sta nel fatto che i padroni lascino inconsapevolmente che i cani spadroneggino.
Un suo amico, Dr. James R. Kinney, Capo Veterinario all’Ellin Prince Speyer Hospital for Animals (ospedale per animali, n.d.t. ) di New York, era solito raccontare di un cane che chiamava la domestica quando aveva bisogno di uscire premendo il campanello della sala da pranzo. Se la domestica non appariva subito, il cane suonava ancora. Ma se non appariva ancora, il cane utilizzava il tappeto.
Riuscì così ad “addestrarla” in men che non si dica.
Per gentile concessione dell’American Pit Bull History Museum di Marano Ticino (Novara), che ci ha concesso la pubblicazione dell’articolo tratto dalla copia della rivista di loro proprietà.
“…era incline a irritarsi un po’ con le persone, una razza che solitamente considerava con tolleranza, che gli portava pazienti e iniziava con
“Il mio cane è perfetto ad eccezione di una cosa.”
E lui , sbuffando verso la moglie: “Quanto perfetto deve essere un cane? Quante persone sono perfette ad eccezione di una cosa?”.
MERAVIGLIA!