di VALERIA ROSSI – Oh, me lo son guardato. Tut-to.
Da Luca e Paolo (carucci, simpatici, all’inizio anche spiritosi. Peccato che dopo un po’ comincino a pensare che si possa far ridere solo ripetendo più volte “cazzo” e “sticazzi”… ma così non è. E ve lo dice una che di cazzi ne piazza pressoché ovunque) ai Matia Bazar, o a quel che ne resta.
Poiché dubito fortemente di trovare il coraggio di ripetere l’esperienza per le prossime serate, vi elargisco dunque le mie prime e presumibilmente ultime recensioni da preparatissima e validissima critica musicalcinofila.
Eccerto, cinofila. Altrimenti che ne parlerei a fare su TPIC?
In ordine di apparizione approssimativo, perché quello vero non me lo ricordo:
1) Dolcenera – questa ne son sicura, ha cantato per prima. Brano: “Ci vediamo a casa”…e qui scatterebbe automatica l’associazione con Lassie. Però Dolcenera non è abbastanza cagna. Anzi, è brava. Peccato che la noia, alla prima apparizione di un vero cantante in gara sul palco, abbia già attanagliato da un pezzo lo spettatore, che quindi impiega mezza canzone a risvegliarsi e sente solo la seconda metà.
Dunque: la canzone non mi ricordo già più come fosse, ma chissenefrega, tanto adesso le risentiremo ovunque e comunque per una settimana (e poi mai più). Invece, lei: bella voce, grintosa, esteticamente gradevole, ti dà l’idea del tipo dominante, ma equilibrato.
Razza: American Staffordshire
2) Samuele Bersani – anche questo son sicura che abbia cantato per secondo, perché a quel punto lì si sono impallati i computer della giuria, e tutti abbiamo pensato: “ecchecazzo, ma dopo due canzoni?”. Quindi erano due.
Brano: “Il pallone”. Carino, orecchiabile, in tema con la serata, visto che gli spettatori del Festival di palloni sono destinati a farsene due tipo mongolfiera e quindi si immedesimano da subito. Lui caruccio, a modino, non abbaia, sussurra (no, uffa, Cesar Millan non c’entra, possibile che non si possa più parlare di sussurri senza che venga in mente quello lì?), ha una bella padronanza dei toni.
Anche l’abito è a modino, quasi da Sanremo di una volta: occhialino in tema. Un cosino elegante e rilassante, da salotto ma con sotto qualcosa di più.
Razza: Whippet
3) Noemi – da questo punto in poi l’ordine di apparizione non lo so più. Però Noemi ha cantato abbastanza presto, potrebbe essere anche stata la terza (ma anche no. Ma anche chissenefrega).
Canzone: “Sono solo parole” di Fabrizio Moro (che mi piace un sacco perchè è un pit bull) cantata con una voce che invece non c’entra una mazza con Fabrizio Moro e nemmeno coi pit bull.
Noemi ha una capocciata di capelli rosso fuoco e i bordi della giacca fucsia, che se voleva distogliere l’attenzione dalla canzone e choccare tutti in un altro modo c’è riuscita benissimo. Non so dirvi se mi sia piaciuta o meno, anche perchè per tutto il tempo ho pensato a come sarebbe riuscito ‘sto pezzo se l’avesse cantato proprio Moro. Ma qui dò i voti (anzi, le razze) ai cantanti, quindi, di nuovo, chissenefrega.
L’abbinamento capelli-giacca mi è suonato come un collare a borchie e spunzoni truzzissimi messo addosso a un barboncino.
Lei, la sua presenza scenica, la voce e tutto il cucuzzaro… boh, una cosetta di piccola taglia, da compagnia.
Due coccole gliele puoi anche fare, ma poi?
Razza: Cavalier King Charlese spaniel, ovviamente ruby. Ma soprattutto per il colore, mica per altro.
4) Chiara Civello – ce la presentano come “la migliore cantante jazz della sua generazione”, al che ti aspetti Ella Friztgerald. E invece, decisamente, no. Quando ti sei ripreso dalla delusione ti accorgi che è brava: ma se la presentavano un po’ più in sordina sarebbe sembrata bravissima. Brano: “Al posto del mondo”. Raffinato, un po’ banalotto, se vogliamo – specie per essere jazz – però gradevole. Lei bella voce, mooolto armonica, non sbaglia una nota (no, NON è la norma a Sanremo): però non è il tipo di can…tante che ti colpisce al primo colpo.
Da conoscere meglio per apprezzarne le qualità fino in fondo.
Razza: Volpino italiano
5) Irene Fornaciari – sembra Zucchero con la parrucca da donna, invece è sua figlia. Quando canta come suo padre (tipo l’anno scorso) a me piace un sacco. Stavolta canta “Grande mistero”, la più brutta canzone partorita da Van de Sfroos (sicuramente la più brutta tra quelle che ho sentito io), tenta la carta del “non devo far capire che sono la figlia di Zucchero e che canto come lui” e ne vien fuori una cosa da sonno profondo. Si salva solo perché è una bestia da palcoscenico, esattamente come papà.
Razza: Malinois, però portato a fare cose tipo Dog dance invece che UD o Mondioring o tutte quelle cose magari un po’ più tamarre, ma che gli riuscirebbero sicuramente molto meglio.
6) Eugenio Finardi – I cantautori della mia generazione non toccatemeli, grazie. Anche se questa “E tu lo chiami Dio”, pur interpretata meglio possibile da uno che è sempre stato (e resta) bravo, ha un testo idiota.
Tre ore a ripetere: “io non do nomi alle cose più grandi di me” (commento di mio figlio: “L’elefante come lo chiama?”) perché “io non sono come te”. E come conclude? Così: “Io sono come te”. Vabbe’, però deciditi.
Per il resto, frasi tipo “so cos’è l’amore perché conosco il dolore” (ma sarai sfigato, eh? Non è mica così automatico).
Però, che ci volete fa’? A me Finardi piace e gli perdono tutto.
Razza: Pastore bergamasco anzianotto e pelosone con la faccia simpatica, che qualsiasi infamia ti combini ti farà sempre venir voglia di fargli due coccole.
7) Francesco Renga – Brano: “La tua bellezza”. Questo qui è di un bravo pauroso, ha una gran voce e una padronanza dei toni invidiabile. Però se la tira una cifra. Sembra che non stia pensando alla musica o alle parole, ma che si autocrogioli: “Minchia, come canto bene”.
Lo ascolti ad occhi chiusi e pensi “che bravo!” (mentre lui continua a ripetere in dodici tonalità e modulazioni diverse “la tua bellezza, la tua bellezza, la tua bellezza…”: il testo è bello perché è vario).
Poi apri gli occhi e pensi: “Okay, però non farla così fuori dal vaso”. Invece di emozionarti, a guardarlo ti scoccia. Nonostante sia pure figo.
Razza: Akita. Però l’akita, anche se se la tira (quasi) quanto lui, è più simpatico.
8 ) Nina Zilli – secondo i presentatori sarebbe stata la scoperta del Sanremo di due anni fa: ha vinto pure il premio della critica. Io non me la ricordavo proprio: nè la voce, né la faccia, né la canzone. Quindi l’ho scoperta stasera: e per esser brava è brava, ma pure lei, fosse un po’ meno convinta…
Brano: “Per sempre”. Pensiero immediato: ma anche no. Perché…molte mossette, molta impostazione, bella voce, sì, se solo non sembrasse Carmen Consoli (anzi, Checco Zalone quando fa Carmen Consoli, perchè birignaoleggia molto più della Consoli vera).
Insomma, troppe pose che ti fanno perdere tutta l’emozione del canto: e il fatto che le abbiano messo addosso un origami invece di un vestito non aiuta.
Razza: Levriero afghano.
9) Emma Marrone (o Emma e basta, insomma, quella lì) – Brano: “Non è l’Inferno”. Pensiero immediato: “Forse no, però Sanremo quest’anno ci picchia vicino”. Invece lei, bene o male, ti riporta quantomeno fino al limbo. Arriva in posizione di sottomissione, col corpo piegato come per sembrare più piccola, le orecchie basse e la coda tra le zampe, e tu pensi “Vabbe’, ha paura di scatafasciarsi giù dalle scale” (che devono essere DAVVERO un inferno, visto che quasi tutte le donne le scendono col panico negli occhi. Anche perché tutte le donne portano tacchi da quindici in su: ma dovete cantare, mica far vedere quanto siete fighe!). Invece poi arriva sul terreno pianeggiante, ma resta piegata in due lo stesso. Forse è l’emozione. Forse alla valletta è venuto l’attacco di cervicale e a lei quello di cagotto. Forse ha gli ascaridi, va’ a sape’: d’altronde è ancora una cucciolona. Poi però comincia a cantare e capisci perchè i bookmakers la danno come favorita: perchè è proprio brava. E’ brava anche se arriva da Amici, che per me è un pessimo punto di partenza perché sembra una fabbrica di cantantine tutte uguali, tutte con la stessa voce e perfino gli stessi gesti, tipo robottini da palcoscenico. Invece questa ci mette del suo: grinta, voce (tanta e pure bella, due cose che non sempre coincidono), scenicità. Il tutto nonostante una canzone che non è che trasmetta chissà cosa.
Razza: Staffordhire Bull terrier
10) Gigi D’Alessio e Loredana Bertè. Brano: “Respirare”. Cosa che ricominci a fare solo dopo esserti ripreso dall’immagine choc.
No, non della Bertè, che stasera è vestita semplicemente da Blues Brother: di Gigi D’Alessio imbalsamato nel giubbettino rocckettaro, che è una pugnalata nello stomaco. La canzone ne ricorda un’altra dozzina, ma sarebbe anche passabile se loro non cantassero ognuno per i cazzi propri.
Razze: Dogue de Bordeaux (incazzoso) con Piccolo levriero italiano (che ovviamente, per tutto il tempo, più che a cantare pensa a non essere mangiato).
11) Marlene Kunz – Brano: “Canzone per un figlio”. Che forse avrebbe anche un testo un po’ diverso dai soliti cuore-amore-dolore, se solo si capisse cosa caspita dicono ‘sti tizi. Anzi, cosa dice il cantante solista, che per la maggior parte del tempo mugugna nel microfono. Bisbiglia, ringhiotta, quello che dice lo sa solo lui. Poi, ogni tanto, alza la voce e abbaia un po’ più forte: ma non abbastanza da farti capire di cosa parla la canzone, purtroppo. Gli altri sembrano farsi gli affari propri, decisamente distaccati da tutto il tormento interiore del cantante. Non posso mica dire che mi siano dispiaciuti, anzi: sono stati un po’ diversi dal mucchio. Però, boh.
Razze: un Bouledogue francese con vicino due Setter inglesi (che lo guardano un po’ schifati).
12) Pierdavide Carone – Brano: “Nanì”. Parte con meno dieci punti (a dir poco), essendo l’autore della canzone di Scanu che trombava “in tutti i luoghi e in tutti i laghi”. Invece non è niente male. Sa cantare, anche se con i testi continua ad avere un rapporto conflittuale.
Stavolta ha difficoltà a conquistare una puttana dalle tariffe decisamente fuori mercato (“venti euro di verginità”?!? Maddai!), in una versione più raffinata del classico “la dai a tutti meno che a me”. Con l’aggravante che a lui non basta prenderla (troppo facile: lì con venti euro si levava il pensiero…), ma vuole essere amato. E invece lei gli dà il blu. Lui le dice “vieni via con me”, lei risponde “No, vai proprio via tu e basta”. Che c’ha pure il camionista in coda.
Sfigaterrimo, sto ragazzo. Però bravo, ripeto. Oltretutto, nel momento in cui cominci a pensare “Oh, se sapesse anche scrivere qualche verso decente questo qua avrebbe un futuro”, ti salta fuori Lucio Dalla, che era entrato in veste di direttore di orchestra, a fargli il coretto con una classe di otto palmi superiore a tutti quelli che hai sentito fino a quel momento. E la canzone prende vita e ti emoziona pure, alla faccia dei venti euro. Oltre ad Emma, questi due sono stati gli unici a non farmi pensare “meno male che tra un po’ ‘sta angoscia finisce”.
Razze: due Pastori tedeschi, un promettente cucciolone e un Auslese. Anzi, facciamo proprio un Sieger.
13) Arisa – Brano: “La notte”. Sorpresa iniziale: Arisa è carina, quando non la mandano sul palco vestita come i De Rege!
E poi è anche brava, ha una vocina raffinata e sapientemente usata: peccato che, spogliata del personaggio con cui aveva sfondato, faccia il suo onesto compitino senza suscitare grandi emozioni. Anche perché la canzone, diciamolo, è proprio mediocre-mediocre. Ti viene voglia di prendere il clicker e di rinforzarla perché tiri fuori qualcosa di più: ma mi sa che dovrebbe cambiare conduttore, perché quello che ha la ammoscia. O forse bisogna darle un mangime un po’ più proteico, non so. Consigliata visita dal vet.
Razza: Cocker spaniel, un po’ fuori pelo.
14) Matia Bazar – Brano: “Sei tu”. Ecco, peccato che invece tu non sia la Ruggiero, cara Silvia Mezzanotte (e magari fosse solo mezzanotte: i Matia hanno cantato per ultimi, quando il sonno ormai era arrivato ben oltre i livelli di guardia).
Non è colpa tua, ovviamente, e se fossi andata a cantare in qualsiasi altro gruppo al mondo avresti sicuramente fatto la tua porca figura, perché non sei niente male: ma in questa band qui, anche dopo vent’anni, continua a scattare automatico il paragone e tu continui ad uscirne con la coda tra le gambe. Per di più, ragazzi, avete una canzone che veramente nun se po’ senti’: ed introdurvi sulle note dei Pink Floyd è stato veramente un affronto per chi si stava addormentando, si è risvegliato di colpo tutto speranzoso e poi si è dovuto sorbire ‘sta cagata immonda. Pietà.
Razze: un vecchio Bobtail, un Boxer e una Maltese (bellina, tanto bellina…ma di scarsa utilità).
Fine dei cantanti.
Che però, in realtà, passavano di lì per caso, perché la serata non doveva chiamarsi “prima serata del Festival di Sanremo”, bensì “Show di Adriano Celentano con quattordici ospiti che passavano di lì per caso”.
Più di un’ora (almeno credo: a un certo punto ho ceduto all’abbiocco ferox) di monologhi, pause e, grazie a Dio, canzoni: quelle sempre belle e sempre ben cantate, perché Celentano a cantare è capace. E’ il resto che fa malissimo, e non so perché lo debbano definire “un genio” anche quando, come stasera, infila una serie di luoghi comuni dietro l’altro su temi che c’entrano l’un l’altro come i classici cavoli a merenda.
Argomenti: i preti, il Paradiso, i giornali cattolici da chiudere perché non ne parlano abbastanza (del Paradiso), il Corriere della Sera (con sfanculata ad Aldo Grasso, non so perché non avendo seguito le ciacalate pre-festivaliere di cui nun me po’ frega’ de meno), la Consulta, il referendum. A un certo punto, apparizione di Pupo: ma non so perché, perché qui mi sono abbioccata e ho perso dieci minuti, dopodichè mi sono risvegliata con Morandi, Papaleo e Pupo che facevano i Blues Brothers. Come la Bertè, ma più patetici.
Comunque: non ci ho capito un cazzo.
Non solo della storia della Consulta, proprio di tutto il Celentano show. Non so cosa volesse dire, fare, baciare, lettera, testamento. E non scandalizzatevi se ho di nuovo scritto cazzo, perché i cazzi son fioccati per tutta la serata sanremese e quindi ci possono stare pure i miei.
Una razza per Celentano? Non sono in grado di trovarla Giuro.
Non riesco ad identificarlo con nessun cane: però posso dire che è stato, genericamente, “un cane”. E che secondo me ha bisogno di un comportamentalista bravo, perché non ci sta mica più con la testa.
(Nota: ho letto che prenderà 300.000 euro per questa serata e che darà tutto in beneficienza. Meno male, perché in caso contrario avrei sobillato le folle per un’insurrezione di piazza).
Mi è piaciuto, invece, Rocco Papaleo. Niente de che, per carità: nessuna punta esaltante (d’altronde…a Sanremo? Sono riusciti a far diventare palloso perfino Benigni…), ma un onesto lavoratore che ha fatto il suo onesto mestiere, tirando fuori anche un po’ di creatività e salvando Morandi dalle svariate impasse legate al fatto che non funzionasse niente (tanto che alla fine la gara in realtà non c’è stata, perché dopo aver fatto votare la giuria tutta la sera sui foglietti di carta, visto che l’elettronica aveva dato forfait, hanno deciso che i voti non valevano. E’ volato qualche fischio, ma stanco: ormai erano in coma profondo anche gli spettatori in sala e i giudici stessi).
Comunque Papaleo ci ha messo una pezza, si è dato da fare, non ha mai mollato.
Razza: Border collie da lavoro.
E ormai che siamo in ballo, dai…caninizziamo anche gli altri tre esseri che stasera hanno vagato, non si sa bene a quale scopo, sul palcoscenico dell’Ariston.
Belen Rodriguez: tanto figa quanto inutile. Razza: Rough collie, linea da expo.
Elisabetta Canalis: è talmente insipida che fa sembrare Belen un animale da palcoscenico. Poteva sposarsi George Clooney e levarsi dai pall, e invece no: si son mollati e continua ad aver bisogno di guadagnarsi il pane. Però almeno facesse qualcosa per guadagnarselo…
Neanche a lei riesco ad attribuire una razza: a me un cane tanto insignificante non viene mica in mente. Preferisco attribuirle il titolo di Sciuramaria: magari un po’ anomala in quanto strafiga, ma sciuramariesca al cento per cento nella totale ed assoluta imbranataggine.
Nota: le due grazie hanno cantato pure una canzoncina. E come l’hanno cantata? In playback.
Infine, Gianni Morandi: più inguardabile dell’anno scorso, ed è tutto detto.
Razza: Bulldog, vecchiotto e un po’ rintronato, ormai quasi cieco (così non solo non riesce a spiccicare una parola senza leggere il gobbo, ma stringe pure gli occhi nella speranza di vederlo meglio: l’effetto è pietoso): patetico al punto tale che mi verrebbe da suggerire una pietosa eutanasia.
Poi penso che per non fare assolutamente niente di più di quello che saprebbe fare un qualsiasi Sciurmario, preso a caso e mollato sul palcoscenico, gli danno una cifra che io non vedrò neppure in centodue anni di lavoro.
E allora forse, l’eutanasia è meglio che me la faccia io.
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Quest’anno niente bis? 😀 Giuro, guardando il festival continuavo a pensare a questo articolo e a “canizzare” i personaggi… Lucianina la vedo tantissimo come un pinscher tutto pepe, con due occhioni-simpatia!
Non l’ho visto Sanremo, quest’anno…solo qualche spizzico qua e là 🙁
articolo fantastico. Una che NON ha visto sanremo ha potuto essere “aggiornata”: grazie! Ma i cani sono superiori ai cantanti-presentatori ecc
E in alcuni casi, ti assicuro, cantano pure meglio.
“Ti viene voglia di prendere il clicker e di rinforzarla perché tiri fuori qualcosa di più” Ahahahahahahahahahahahahahahahahahahaha, giuro che me la sono quasi fatta sotto dalle risate!!!Sei un genio!! Dovresti comemntare tipo Gialappas il festival in contemporanea, almeno una risata de core esce, invece di provare brividi di tristezza sulla schiena. E comunque non mi sono dimenticata della tua promessa sul vero standard del bergamasco!!!!:-)
Neanch’io, Sara: lo sto scrivendo 🙂
Mitticcaaaaaaaaaa!!
La cosa che mi sconvolge davvero… e faccio fatica a accettare… e’… Valeria, COME hai fatto a vedere TUTTA la serata il Festival??? E’ una prova di coraggio sovrumana!!! Come razza devi essere un pit bull terrier 🙂
Alice, c’è anche da dire che la scelta era abbastanza limitata, eh… visto che RAISET ha praticamente azzerato qualsiasi possibilità alternativa!
Poi tu mi dirai: non è che obbligatorio guardare qualcosa in TV. E c’hairaggione. Il fatto è che a me interessa la musica. E pur sapendo benissimo che Sanremo non offrirà mai grandi spunti, un filino di speranza lo mantengo sempre…e ogni anno, dannazione, ci ricasco.
Di solito, però, si sentono “solo” delle brutte canzoni e si vede “solo” un impianto da festa della parocchia che però costa milioni di euro. E pazienza. Stavolta l’ora filata di Celentano è stata superiore alle mie forze: quindi una sera sì, ma…stasera non credo proprio di reggere a un altro simile abominio (anche se le nuove proposte un tempo erano le uniche cose interessanti di Sanremo: ma ormai pure quelle escono prefabbricate dai vari robottifici, quindi in media sono qualitativamente valide quanto i cuccioli dell’Est) 🙂
E noleggiare un DVD? Io mi guaravo Ritorno al futuro con fratello e sorella 🙂 se vuoi la prossima volta ti invito eh! 🙂 🙂 🙂
Noooooooo lo devi guardare anche stasera, ti prego! Cosi domani lo rifai….
Un bel gioco dura poco :-)!
I Marlene Kuntz a Sanscemo… che oltraggio! Dire che mi sono caduti dal cuore è poco. Li considero una delle poche band italiane valide (vabbè, ogni tanto attingono a piene mani dai Sonic Youth, ma tant’è). Razza: pastore del Caucaso finito nelle mani di un cagnaro.
Di Celentano, il Dj Francesco degli anni ’70, che si erge a profeta dei miei maroni francamente non ne posso più. Il solito radical chic col cuore a sinistra ma il portafoglio ben sistemato a destra. Razza: bastarda.
Per il resto Sanremo è un canile-lager: ovvero un posto che andrebbe chiuso domani mattina con tanto di sigilli delle autorità giudiziarie.
dopo che il problema nell’italia era che in inverno era nevicato… adesos il problema è san remo celentano e cazzi vari.con relativi programmi che ne parlano. stiamo messi bene. e io di celentano ne ho visti 10 minuti…. e NOI paghiamo il canone per ste robe qui?fichè i problemi per la gente sono questi significa che di crisi non cen’èancora abbastanza altrochè!o forse il bombardamento mediatico vuol farci credere che la crisi non c’è spostando l’attenzione su ste minchiate! boh… fattostà che non penso lo vedrò proprio il festival…
E brava Vale, mi hai risparmiato di guardarmi il Festival, che ho visto solo UNA canzone (e per puro caso, giusto per l’abitudine di fare zapping) e mi è proprio piaciuta parecchio, come è piaciuta a te : EMMA.
Per il resto, io avevo già detto “No grazie” appena avevano detto che c’era Celentano ( che non posso sopportarlo…) …
Anche quest’anno me la sono cavata, grazie al tuo articolo commentario 🙂
ps…ma la canzone di Emma è davvero bella, testo e musica e lei ha una gran voce davvero….
No l’ho visto e non ne ero pentita affatto fino a ché non ho letto il tuo articolo…e adesso come faccio a divertirmi immaginandomi i “cantanti” ed i cagnolini e cagnoloni che gli hai associato????…mi fido di te e cercherò di immaginarmeli comunque.
Una cosa è certa, tutto stò ambaradam non è degno di essere affiancato a nessuno dei cagnetti citati. 😉
…sorry ambaradaN, ultimamente non me ne viene un commento sano!!
Concordo su tutta l’analisi (però io ho retto solo sino alla pubblicità che mi ha fatto andare a ritemprarmi con Crozza e il resto di Sanremo l’ho visto solo a sprazzi). Ti ho twittato il link di questo articolo su #occupysanremo (che è uno stupidario ma le battute di scanzi da sole valgono il farci un giro).
ps: da grafomane mi sto costringendo a usare twitter…una bella palestra, mi permetto di consigliartela, visto che anche tu fai parte delle categorie “lasintesiquestasconosciuta” e “lungo?masehotagliatounsaccodicosechevolevoscrivere!”
LOL !!!!!!!! considerando che il festival mi fa schifo … ho riso riso riso riso 😀 😀
ps: però si vede che ami gli staffi 😀 ahahahhaha
Fantastico!!!! Piegato dal ridere già all’amstaff al punto 1… a Gianni Morandi quasi con le lacrime agli occhi!
Non ho visto nemmeno un minuto, ma mi hai reso perfettamente l’idea!
Aspetto la continuazione anche per le altre serate, se ce ne sarà la voglia =)