venerdì 8 Agosto 2025

Emofilia nel Pastore belga Malinois: una storia difficile

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Di VALERIA ROSSI, con la preziosa collaborazione di  YASMINA FERRERO e FERNANDO FOLINI – L’emofilia è una patologia ereditaria che impedisce la corretta coagulazione del sangue: la forma più grave, detta “emofilia A”, colpisce il cane come l’uomo.
In entrambe le specie è legata ad una mutazione del cromosoma X, e in entrambe le specie le femmine sono quasi esclusivamente portatrici (la malattia può manifestarsi nella donna solo se figlia di padre emofilico e madre portatrice, condizione rarissima), mentre sono i maschi a manifestare la malattia,  con diversi gradi di gravità: lieve, moderata, grave.
La forma grave, per assurdo, è quella che comporta il minor rischio di diffusione, perché i cuccioli solitamente nascono morti o muoiono entro pochi giorni di vita, al massimo entro pochi mesi: quindi non arrivano praticamente mai all’età riproduttiva.
Nella forma moderata il cane può arrivare invece all’età adulta senza manifestare alcun sintomo; la malattia può poi manifestarsi improvvisamente in caso – per esempio – di intervento chirurgico (anche di piccola entità), con emorragie imponenti che possono portare il soggetto alla morte.
La forma leggera può essere anche totalmente asintomatica ed è sicuramente questa ad avere il maggior rischio di diffusione genetica, se non viene diagnosticata per tempo.
Un caso eclatante di emofilia A si ebbe negli anni ’70 con uno dei più grandi riproduttori della razza pastore tedesco, Canto v. Wienerau: l’immediata divulgazione della diagnosi impedì fortunatamente che la malattia si diffondesse a macchia d’olio, come sarebbe potuto succedere (Canto appare ancor oggi almeno nel 70% dei pedigree dei pastori tedeschi) se il suo proprietario avesse taciuto.
Data l’enorme importanza del riproduttore nell’allevamento tedesco, infatti, la razza avrebbe potuto subire un danno gravissimo e forse irreparabile.

Jet, venti giorni prima della sua morte

L’emofilia A, però, non interessa di certo il solo pastore tedesco, anche se questa razza sembra essere la più colpita: è ampiamente documentata, già da diversi anni, un’incidenza abbastanza rilevante in diverse razze, tra cui Setter Irlandese, Collie, Labrador, Beagle, Shetland, Levrieri, Weimaraner, Chihuaua, Vizla, Bulldog Inglese, Barboncino nano, Schnauzer e San Bernardo.
Soltanto nel 2010 si è scoperto – in modo del tutto casuale – che la malattia aveva colpito anche un giovane malinois, Gamal detto Jet, deceduto nel  febbraio 2012 all’età di 22 mesi.
La sua proprietaria, Flora Florio, venuta a conoscenza della diagnosi, fece quello che qualsiasi persona di buon senso avrebbe fatto: preoccupata per la salute della razza – e non soltanto per il suo cane personale –  cercò di portare il problema a conoscenza di tutti gli allevatori e appassionati.
A quel punto, che cosa accadde?
Qualcosa di molto simile a ciò di cui abbiamo parlato pochi giorni fa a proposito dello shunt portosistemico nel Jack Russell: e cioè l’iniziale rifiuto di ammettere anche solo che esistesse un problema.
La signora Florio, quando ancora Jet era in vita, contattò inizialmente i diretti interessati alla linea genetica del suo cane, chiedendo loro di testare i cani: immediatamente dopo si rivolse al Club di razza, il CAPB, organo ufficiale nazionale delegato alla tutela del pastore belga… ma ad eccezione di qualche comunicazione telefonica,  non ebbe mai  alcuna risposta ufficiale alle sue richieste di indagare sull’effettiva incidenza della malattia.
La risposta, purtroppo, l’ebbe invece su FB, dove lei scrupolosamente documentava l’evolversi della malattia, chiedendo aiuto ed interessando ogni possessore di pastore belga: la signora fu oggetto di un vero e proprio linciaggio mediatico comprensivo di insulti, discriminazioni e accuse di vario genere…finché, sempre a fine 2010, saltà fuori un nuovo caso di emofilia A in un altro soggetto che, dovendo subire un intervento chirurgico, rischiò di morire dissanguato.

A questo punto i proprietari più responsabili iniziarono a testare i propri cani: tra questi c’era Fernando Folini, che aveva acquistato due malinois dallo stesso allevamento (stessa linea di Jet) e che scoprì di avere involontariamente generato un’intera cucciolata di cani emofilici, avendo lui stesso una portatrice sana ed un maschio borderline.
Sempre più preoccupati, allarmati, la signora Florio e il signor Folini unirono le forze e grazie alla collaborazione del Professor Lubas, massimo referente in Italia per l’emostasi nel cane, a partire dal febbraio 2012 istituirono uno screening volontario di controllo, con le prime pubblicazioni dei pedigree e schede anagrafiche dei cani risultati problematici.
Ogni tentativo di coinvolgere il CAPB non ebbe nessun risultato, neppure a fronte della disponibilità di una vera autorità in materia quale è – al di là di ogni ragionevole dubbio . il professor Lubas, che nel frattempo aveva dato piena disponibilità a studiare ogni singolo caso, aiutando così  gli appassionati ad ottenere una mappatura genetica in grado di individuare le linee più a rischio ed eventualmente ad escludere i soggetti malati dalla riproduzione.
Alla battaglia di Florio e Folini si aggiungeva intanto Yasmina Ferrero, che si prendeva particolarmente a cuore il problema e lanciava l'”allarme rosso” ai colleghi allevatori, sostenendo – con tutte le ragioni del mondo! – che nessun vero amante della razza poteva sentirsi esonerato da un problema che, essendo genetico, NON poteva essere sottovalutato né tantomeno ignorato.
Un altro allevatore, Caslini, si univa così al gruppo (ma sarebbe più corretto dire “gruppuscolo”) di coloro che testavano i propri cani e che rendevano pubblici i risultati.

Il progetto che sta cercando di raccogliere una casistica attendibile sull’emofilia del malinois si chiama Malinemo, e ad esso rimandiamo qualsiasi lettore interessato sia a saperne di più sull’emofilia A e sulla sua trasmissione, sia a prendere visione del database dei soggetti testati fino ad oggi, sia a sapere come funziona lo screening e come si può testare il proprio cane.
Qui diciamo che purtroppo, pur essendo ancora pochi i soggetti esaminati ed essendoci soltanto due allevamenti riconosciuti aderenti al progetto (“Ballacoilupi” e “dei Poeti Guerrieri”), le preoccupazioni iniziali sono state confermate.
Nel frattempo il CAPB ha deciso di affrontare il problema autonomamente, senza aderire al progetto Malinemo e senza dare alcuna comunicazione al professor Lucas (che fa capo all’Università di Pisa), ma facendo invece riferimento alla clinica San Marco di Padova per “test su base volontaria”.
Sulla home page del sito del Club campeggia intanto un avviso in cui si legge che “i maggiori esperti della patologia ci hanno comunicato che la patologia non è tipica della razza, nè esistono statistiche rilevanti sulla razza” (be’, ma per forza: se non si sapeva che la malattia  colpisse anche il malinois, come potevano esserci delle statistiche?)
E più sotto: “Nessun Club al mondo ha attivato uno screening completo sulla popolazione esistente riguardante la patologia” (per lo stesso motivo di cui sopra: fino a ieri non si sapeva che c’era!).
E ancora: “Siamo fiduciosi nella disponibilità degli associati di evitare inutili allarmismi nei confronti di una razza che risulta nel complesso scarsamente affetta da patologie ereditarie grazie soprattutto all’eccellente lavoro svolto nel corso degli anni dagli allevatori italiani“.

Per carità: nessuno vuole togliere meriti né alla razza, né agli allevatori.
Però, a fronte di un problema reale, e non solo ipotetico (perché i cani morti NON sono ipotesi), non si capisce la volontà:
a) di “sganciarsi” da chi il problema l’ha denunciato per primo, avviando un “doppione” che appare quantomeno superfluo (e limitante, qualora i due database non venissero confrontati e/o unificati). Leggiamo infatti, sempre nella home page del sito, che “il CAPB si attiverà per creare un database informativo sull’incidenza della patologia nella razza“. Ma “si attiverà” in un futuro non precisato: intanto non esiste alcun riscontro pubblico delle analisi che pure alcuni allevatori CAPB sostengono di aver effettuato… mentre sul sito del Malinemo una trentina di cani ci sono già, con “nomi e cognomi” e relativi risultati, nel bene e nel male;
b) di non creare “inutili allarmismi”. E questa, ovviamente, è una cosa che nessuno vorrebbe mai (anche perché…cui prodest?): ma   i dati che emergono dal Malinemo, purtroppo, parlano di vero allarme, non di “allarmismo”.
E tra i due termini c’è una bella differenza.
“Fra i nostri dati e quelli – più riservati – in mano al professor Lubas, siamo già ad oltre venti casi accertati – dichiara Fernando Folini, che oltre ad essere un appassionato della razza è un biologo (quindi buon conoscitore della genetica!), nonché editore scientifico e consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – che riferiti ad una popolazione di circa 2.000 soggetti (ordine di grandezza stimato, ma realistico), ci danno una prevalenza,  non stimata ma reale, dell’1%, 100 volte superiore a quella dell’emofilia nell’uomo che è di 1 su 10.000. Ed è una prevalenza sottovalutata di molto, perché ogni nuovo caso va ad accrescerla direttamente”.

A complicare ulteriormente la situazione c’è poi il “caso Verbond” (Nationaal Verbond Belgische Kynologen – NVBK), cioè quello di un Ente cinofilo belga (fiammingo, per la precisione) non riconosciuto dalla FCI, dal quale però provengono degli eccellenti Malinois da lavoro (secondo alcuni esperti, i migliori in assoluto).
Questi soggetti, purtroppo, non possono però avere un pedigree FCI (e quindi neppure ENCI)…ma corre voce (voce che sembrerebbe abbastanza attendibile, in verità) che alcuni di questi cani se ne vadano in giro per il mondo con pedigree, diciamo così, “fantasiosi”.
E siccome “così fan tutti” (sempre un’ottima scusa per chi tiene comportamenti scorretti), qualche maligno sostiene che anche in Italia ci sia chi ha giocato un po’ troppo disinvoltamente con i pedigree: e per queste persone – del tutto ipotetiche, per carità! – potrebbe essere un brutto affare eseguire test genetici che inguaierebbero i cani presenti sul pedigree… ma che non sarebbero i veri genitori del (sempre ipotetico) soggetto malato o portatore.
Ora: se le malignità, tutto sommato, lasciano il tempo che trovano (e vanno ovviamente prese con ampio beneficio di inventario: le abbiamo riportate per mero dovere di cronaca, perché una vox populi comunque non si può ignorare, almeno finché non ne sia dimostrata l’infondatezza), appare invece certo che, tra cani “sicuramente” figli di “sicurissimi” genitori, c’è una percentuale di soggetti emofilici che invita alla riflessione.
Conclude Folini: “Riteniamo che sia assolutamente necessario conoscere in modo chiaro la situazione per poter varare, se non proprio un piano di eugenetica, almeno delle linee guida responsabili per gli allevatori. Per questo abbiamo avviato il progetto Malinemo, che è uno screening volontario sì, ma che sta già dando buoni frutti. E anche chi fa resistenza al progetto, pur facendo finta di non capire i numeri, in realtà li capisce benissimo…”

Purtroppo continua, per una serie di motivi, una forte “resistenza” contro un progetto che non ha certamente lo scopo di “sputtanare” la razza (anche perché chiunque abbia una minima cognizione di cinofilia sa benissimo che non esiste una razza – né una non-razza – al mondo che sia del tutto esente da patologie ereditarie), ma solo quello di eliminare, nei limiti del possibile, l’emofilia dall’allevamento del malinois: cosa peraltro fattibilissima, anche in tempi brevi, se davvero esistesse un database completo a cui potersi affidare per programmare gli accoppiamenti.
Tra i motivi della “resistenza” ne sono stati ipotizzati diversi: dal già citato timore di scoperchiare calderoni misteriosi all’autoreferenzialità (“io allevo da millemila anni, tu sei l’ultimo arrivato, come osi sollevare un problema che io non avevo mai scoperto?”), dal corporativismo (uno dei mali più incancreniti non solo della cinofilia, ma di tutta la società umana), fino al puro e semplice timore di perdere credibilità (e mercato).
Alcune di queste motivazioni, soprattutto l’ultima, possono anche essere comprensibili: e l’abbiamo ripetuto ogni volta che abbiamo sollevato il problema di una tara genetica.
Resta, però, un’ evidenza incontrovertibile: chi si lascia condizionare da questi problemi, anzichè pensare prima di tutto all’interesse dei cani, NON può essere un vero cinofilo, per quanti risultatoni possa aver fatto e per quante qualifiche, titoli e incarichi possa avere.
Questi atteggiamenti di chiusura intorbidiscono la vita delle Società Specializzate (tutte: perché il discorso non si limita sicuramente al caso del malinois), che dovrebbero avere come obiettivo la tutela delle razze e invece sembrano spesso replicare – nel loro piccolo, anzi piccolissimo – le dinamiche e i difetti della politica nazionale, con tutto il codazzo di interessi personali (anche se quelli cinofili sono ovviamente ben poca cosa, rispetto a quelli politici), di arroganza, di partigianerie, di tifo da stadio e così via.
Ma come al solito non è esente da colpe neppure Mamma ENCI, che dovrebbe essere in prima linea – come lo sono altri Kennel Club, in nazioni diverse dalla nostra – ad ogni minimo sospetto di patologia ancora non nota, ma controllabile.
Potrebbe e dovrebbe essere proprio l’ENCI a rendere obbligatori i controlli, ogni volta che ci siano fondati motivi di allarme, rendendo così palese – e non più occulto, non più “cosa da sussurrarsi in segreto” – il fatto che gli esseri viventi siano, per loro natura, imperfetti e soggetti ad ammalarsi: ma facendo anche capire al grande pubblico (che non lo sa affatto!) che lo scopo primario dell’allevamento è proprio quello di selezionare, ovvero di conoscere i problemi e di affrontarli prontamente, evitando gli accoppiamenti a rischio e permettendo la nascita di cuccioli il più possibile SANI, oltre che tipici e caratterialmente corretti.

Finché invece si bisbiglierà nell’ombra, finché la scoperta di una patologia verrà considerata alla stregua di uno scheletro nell’armadio, anziché una normale componente della vita, il grande pubblico continuerà a confondere la normalità con l’eccezione.
Continuerà a considerare i test genetici come la prova di una vergogna da tenere nascosta, che per di più alimenta le peggiori leggende metropolitane (“Visto? Te l’avevo detto che i cani di razza sono tutti malati!”) anziché come il fiore all’occhiello dell’Allevamento serio.
Più si andrà avanti tra bisbigli e cospirazioni, tra vendette trasversali e guerre intestine, più si farà il male non di UNA razza, ma del cane di razza in generale.
Questa è una responsabilità che dovrebbero sentire tutti, dall’ENCI ai Club, dall’allevatore al semplice proprietario.
Per fortuna, nel caso del malinois, sono sempre più numerosi gli appassionati che alla salute del proprio cane ci tengono e che quindi cominciano a fare il test, nonostante gli incomprensibili (o forse comprensibili, ma non giustificabili)  boicottaggi di chi, evidentemente, ha interessi diversi da quello per il bene dei cani.
Una cosa, al momento, è certa: la storia di questa importante battaglia è appena agli inizi.
Ma in attesa di nuovi accadimenti, qualsiasi essi siano…se siete proprietari di un malinois, e se tenete alla sua salute, sapete cosa fare.

Approfondimento scientifico  (tratto dal sito della Fondazione Salute Animale)

L’Emofilia A è dovuta alla deficienza del Fattore VIII ad attività procoagulante (FVIII:C) della coagulazione ed è la seconda coagulopatia ereditaria più diffusa in varie razze di cani.
Questo disturbo dell’emostasi è legato ad un gene recessivo in cui avviene una mutazione genica, posto sul cromosoma X, che determina la deficienza funzionale del fattore VIII (FVIII:C), uno degli elementi chiave nella fase plasmatica della coagulazione. In genere, le femmine fungono da portatrici, mentre i maschi manifestano la malattia con vari gradi di gravità (omissis).
La sintomatologia clinica dipende dall’entità del disturbo funzionale del FVIII:C e si riconoscono tre forme: grave con attività del FVIII:C inferiore all’1%, moderata tra 1 e 10% ed infine lieve tra 10 e 25-30%. (omissis)
Il sospetto diagnostico può essere avanzato quando il Tempo di Tromboplastina Parziale attivata (aPTT) risulterà moderatamente allungato, mentre il Tempo di Protrombina (PT) risulta normale.
La certezza diagnostica si ha solamente con la misurazione dell’attività del FVIII:C, impiegando plasma carente per tale fattore.
Un animale sano presenterà valori di FVIII:C compresi tra 60% e 140%. Per convalidare lo status di portatrice, nella femmina, è opportuno quantificare anche il FvW (fattore di von Willebrand) e determinare il rapporto tra FVIII:C/FvW, che deve essere inferiore a 0,6.
A causa della instabilità del FVIII:C alla conservazione è necessario che il prelievo venga effettuato con rigorosa procedura standard tipica per le prove dell’emostasi, la preparazione del plasma citrato avvenga in tempi rapidi, l’eventuale conservazione avvenga in modo da mantenere il campione congelato ed altrettanto solertemente siano eseguite le analisi. Si suggerisce pertanto di prendere contatto con la FSA e questa Commissione per i suggerimenti su quali laboratori siano in grado di processare i campioni così preparati, al fine di non incorrere in artefatti o risultati inattendibili, che non risulterebbero interpretabili.
L’eradicazione dall’allevamento della patologia richiede l’identificazione dei cani sospetti sulla base dell’esame clinico, ma soprattutto delle indagini di laboratorio e la conseguente esclusione dei soggetti malati e portatori dal programma riproduttivo. In particolare l’identificazione delle femmine portatrici asintomatiche è elemento fondamentale nella lotta contro questa malattia.

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14 Commenti

  1. aVolevo chiedere se il Malinois potevavere anche un altro colore io sono sicuro di averlo visto maculato o tigrato. É possibile?

    • No: il malin può essere solo fulvo carbonato con maschera nera. E’ probabile che tu abbia visto un pastore olandese, che gli somiglia moltissimo ma è, appunto, tigrato.

  2. Ciao Valeria,
    giravo tra le foto di un figurante su fb, quando mi sono imbattuta in una discussione sull’emofilia nel pastore belga. Ho subito collegato il tutto a questo articolo che lessi suo tempo riconoscendo i soggetti coinvolti nella discussione che si è scatenata tra i commenti.
    Tra i commenti più freschi si invitava a visitare il sito del CAPB..e tra gli ultimi aggiornamenti in home page trovo questo:

    CAPB
    LAST NEWS
    16-07-2012
    Inserita nuova pagina “SALUTE”: inserito Registro CAPB Emofilia A
    Clicca qui
    http://www.capb-club.com/registremo.html

    Insomma qualcosa si sta muovendo…pare
    🙂

  3. Il quadro dipinto nell’articolo è a tinte già cupe, ma ancora non abbastanza. Almeno per quanto riguarda i profili di responsabilità coinvolti. Infatti non traspare nitidamente, forse per esigenza di spazio, che si poteva e si doveva intervenire molto prima, almeno fin dal 2010. Il primo cane emofilico citato, Jet, non apparteneva a un privato qualsiasi senza competenze specifiche e sconosciuto nel mondo cinofilo, quindi magari spaesato e senza riferimenti. Al contrario, Flora Florio è una professionista del settore: addestratrice e allevatrice ben nota (affisso Fallingwater’s), è nel direttivo dell’Associazione Italiana Agility, e socia da tempo del CAPB – Club Amatori del Pastore Belga. E tutta la sua professionalità e competenza le ha investite nel tentare di smuovere il mondo cinofilo e nel cercare di capire, insieme alla sua veterinaria dottoressa Bastelli e con l’aiuto del professor Lubas, cosa sia l’emofilia per un cane. Se c’era una persona che poteva riuscirci era lei, invece… questo dà la misura della violenta opposizione che una certa cinofilia ufficiale le ha scatenato addosso.
    Di contro, è riuscita a capire fin troppo bene cosa l’emofilia possa rappresentare per il cane e il suo partner umano. Ha pagato molto, forse troppo, in termini di coinvolgimento affettivo ed emotivo, la vicinanza a un essere amato e malato che non è riuscita a salvare, perché nessuna terapia è disponibile. Ma questa è un’altra storia, e solo lei potrà raccontarla, se vorrà.

  4. Ehm… Scusate l’ignoranza, ma non ho capito la storia dei pedigree “fantasiosi”… Sarebbero i malin che provengono dal NVBK ad avere pedigree FCI falsi in modo da poter introdurre il loro sangue nelle linee normalmente allevate con pedigree FCI, o i malin con pedigree FCI a risultare figli di questi malin NVBK anche se non puo’ essere cosi’ visto che questi ultimi non hanno pedigree FCI? Grazie

        • Ma è vago davvero, eh! Un po’ perché io sono garantista per mia costituzione… e un po’ perché in cinofilia si sparano tali e tante accuse a casaccio che prima di credere a qualcosa voglio vedere i fatti e le prove certe: che ovviamente in questo caso non ci sono, almeno fino a quando qualcuno non chiederà qualche esame del DNA nei casi dubbi.

  5. Altro pregevole trattato di “sociologia allevatoriale”! 😉
    Cambia la razza di cane, cambia la patologia genetica… Ma le reazioni del bipede sono sempre le stesse (putroppo).

    Aggiungo che queste odiose ritrosie spesso nascondono delle manovre dilatorie per garantire a chi ha già effettuato i test di nascosto (trovatemi infatti un allevatore che non abbia almeno la curiosità di conoscere, attraverso un test semplice ed economico, se i propri riproduttori siano “clear” oppure “carrier”!) un margine di tempo utile per affidare (mai intestare, mai lasciare tracce!) i cani portatori a terzi e, in generale, ripulire l'”armadio” prima della pubblicazione dei risultati (tutti favorevoli ovviamente).

    L’immagine dell’Allevatore è quindi salva, ma nel frattempo ignari clienti contribuiscono a diffondere il problema facendo accoppiare i propri cani…

    C’è addirittura chi sostiene di non voler pubblicare i risultati dei propri test nei database ufficiali per non offrire spunto a “possibili strumentalizzazioni”.
    E qui mi fermo.

    Buon pomeriggio a tutti.

    • Prima di tutto a promuoverla.
      La tutela ed il miglioramento possono essere garantiti solo in presenza di regole precise e di applicazione imparziale e puntuale delle stesse.

      (ad es. si scopre un problema che riguarda una razza e per il quale è disponibile un test diagnostico? Chi vuol continuare a far parte di quel Club deve necessariamente dimostrare di aver testato tutti i propri riproduttori, indipendentemente dal suo peso “politico”)

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