di VALERIA ROSSI – Mi scrive una lettrice che fino ad oggi, con il suo cane, ha fatto ricerca in superficie.
Ora si è avvicinata a una nuova disciplina sportiva in cui è richiesta la condotta “sportiva” al piede, e sul campo le hanno suggerito il classicissimo metodo di tenere dei bocconcini in mano, portando la mano all’altezza della pancia.
Purtroppo il suo cane si mette, sì, in condotta, col naso spiaccicato contro la mano: ma dopo qualche passo comincia ad eccitarsi, salta, abbaia, non capisce perché mai ‘sti bocconi rimangano chiusi nella mano e non gli vengano dati. Il fatto è che lui, fino ad oggi, è sempre stato premiato solo al termine del suo lavoro di ricerca, quando trovava il figurante: quindi, vedendo apparire i bocconcini, pensa di aver finito l’esercizio e non riesce ad abbinarli a qualcosa che ancora deve fare, o sta facendo.
Visto il passato “lavorativo” del cane, suggerisco alla mia interlocutrice di cercare un’alternativa all’uso della mano “imbottita” come target, che evidentemente confonde le idee al cane: lei si dice d’accordo e ne parla con l’istruttore, ma le viene risposto che non ci sono altri metodi, a meno di non voler passare mesi e mesi a rincorrere un risultato che con i bocconcini si può ottenere in pochi giorni.
Oibò.
Premesso che non conosco il cane, che non conosco l’istruttore e che quindi posso solo buttar lì qualche opinione che potrebbe anche essere sbagliatissima… qualche perplessità su questa risposta io ce l’avrei.
Primo: viste le premesse non sembra che questo soggetto abbia grandi possibilità di “imparare in pochi giorni” a rivoluzionare il suo modo di intendere il rinforzo (anzi, in questo caso l'”esca”, più che il rinforzo).
Secondo: mi chiedo che razza di fretta ci sia, visto che l’umana mi ha detto di essersi avvicinata allo sport per divertirsi con il suo cane e non certo perché abbia bisogno di ottenere risultati in un tempo X.
Terzo: trovo difficile credere che “non ci sono altri metodi”, visto che io ho passato metà della mia vita ad addestrare cani utilizzandone appunto un altro, ovvero il consenso del conduttore.
Insomma, i miei rinforzi preferiti sono sempre stati un “bravo”, una carezza, a volte una vera e propria esplosione di gioia (paragonabile al “jackpot” di bocconcini).
Sia chiaro: a inizio lavoro, specie con i cani più giovani, qualche boccone l’ho sempre messo in campo anch’io. Ma mi serviva per iniziare a costruire un rapporto, non per sostituirlo!
Infatti io ho sempre pensato che se si continua in eterno ad usare il cibo come rinforzo, alla fine non siamo più noi ad ottenere una collaborazione dal cane… ma è il cane, in un certo senso a “premere un bottone” (che consiste nell’eseguire il comando) quando vuole il bocconcino.
Certo, il risultato finale potrebbe sembrare identico: il cane esegue l’esercizio richiesto.
Ma…ci sono due “ma“.
Il primo: se il cane non ha fame, o se si è stufato di quei particolari bocconcini, che succede?
Il secondo: trovo che ci sia una differenza abissale tra un cane che lavora per togliersi uno sfizio (perché quella del bocconcino non la chiamerei neanche “gratificazione”: può esserlo per una volta, due, dieci… ma alla lunga diventa sempre meno appetibile e sempre meno interessante) e un cane che invece lavora per fare felice il suo “capo” e per sentirsi utile alla sua società. In questo modo sì, che gratifica anche se stesso: perché si sente fiero e orgoglioso di ciò che ha fatto. Il che non mi sembra proprio paragonabile, come intima soddisfazione, all’ingurgitare il centesimo bocconcino della giornata.
Ho quindi scritto all’amica lettrice queste precise parole: “Ma a nessuno viene più in mente che la gratificazione maggiore per il cane possa essere il consenso del conduttore?”…e lei mi ha risposto parlandomi di una sua conoscente, che ha descritto così (copincollo testualmente): “C’è una donna di 84 anni, Gina, che nella vita ha fatto la pastora. E’ la mamma di una mia amica, originaria di un paese di cui non ricordo il nome, sugli appennini tosco emiliani. Per quattro anni di fila ha vissuto in montagna in una casetta di lamiera: lei lavorava con i suoi cani con pecore e muli, il marito faceva il taglialegna… che “invidia” e ammirazione ho per questa donna! La dovresti vedere con i miei cani, il modo in cui le si “dipingono” le espressioni negli occhi e come le percepiscono i miei cani… è difficile da descrivere per iscritto. Sembra che abbia una “calamita”: eppure di premi, target, addestramento, clicker, non ne sa un accidenti!
Non è che con la cinofilia ci siamo spinti oltre ogni limite, perdendo di vista l’originale e irripetibile rapporto uomo-cane, cioè la cooperazione??? “
La domanda, a mio avviso, è addirittura retorica.
CERTO che ci siamo spinti troppo oltre, alla ricerca di una cinofilia che vogliamo dipingere come “iper-rispettosa” del cane, cognitiva, zooantropologica e compagnia cantando… mentre in realtà quello che stiamo facendo è molto simile al mettere il cane sotto il vetrino di un microscopio, analizzarlo con distacco scientifico, cercare gli impulsi X, le reazioni chimiche Y, i punti Z… (pardon, i “punti G”: vedi accesa discussione seguita alla prima puntata del programma televisivo “Buddy, il mio migliore amico”!) e cercare, sempre con estrema freddezza, di usarli a nostro vantaggio per ottenere che il cane faccia questo o non faccia quello, che sia rilassato e sereno “a comando”, che ragioni e disquisisca, sì, ma solo perché noi abbiamo deciso che debba affrontare e risolvere un problema, quando magari lui preferirebbe passare la palla al suo umano, dirgli “pensaci tu, grazie” e togliersi ogni responsabilità.
E’ davvero così rispettoso, questo approccio?
E’ naturale per il cane?
Ma soprattutto, siamo sicuri che sia la strada giusta per renderlo felice?
Questo era il mio dilemma numero uno.
Il numero due è: perché abbiamo sempre tanta fretta?
Tutti i cinofili moderni, dai filosofi agli educatori/addestratori, sembrano avere l’esigenza assoluta del “risultato veloce”: il che può essere comprensibile quanto è l’umano a chiederlo, mentre non lo capisco proprio quando all’umano interessa di più il raggiungimento di un buon rapporto che non la garetta della domenica con relativa coppetta.
Come possiamo pensare di creare un rapporto alla velocità della luce?
Due persone che si amano e si sposano, che appartengono alla stessa specie e parlano la stessa lingua, impiegano anni prima di poter dire di “conoscersi” (e quasi sempre ammettono che non si conoscono poi così profondamente come vorrebbero!): genitori e figli, anch’essi appartenenti alla stessa specie e in grado di parlare la stessa lingua, a volte non arrivano MAI a capirsi.
Per quale astruso motivo dovremmo pretendere di conoscere e di capire in tempi brevissimi un essere diverso da noi, che parla un linguaggio diverso e che ha come prioritario proprio il senso che in noi è il meno sviluppato e il meno utilizzato?
Pretendere di “capirsi al volo”, in queste condizioni, mi pare quantomeno presuntuoso.
D’altro canto, io trovo anche che un rapporto sia più questione di pelle e di sentimenti che non di scienza.
Per carità, la scienza aiuta in ogni campo: non voglio certo disconoscerla e sostenere che dovremmo fare tutti come la “pastora” Gina, ignorando qualsiasi studio o teoria.
Però è anche vero che quando mi sono innamorata non me ne è mai potuto frega’ de meno di sapere se il maggiore responsabile del mio stato d’animo fosse la feniletilamina piuttosto che la dopamina. Anzi, credo che se mi fossi messa a pensarci i miei sentimenti si sarebbero raffreddati pure un po’.
Quindi, d’accordo l’approccio scientifico: ma anche un po’ di cuore e di istinto non è che facciano male alla salute…specie quando ci si rapporta con un animale, che di cuore e di istinto nella sua vita ce ne mette un sacco e una sporta.
A me sembra, insomma, che ci si debba prendere più tempo nel costruire un rapporto. Mi rendo conto che questo può contrastare con i tempi del campo, degli istruttori, delle gare e di tutto il cucuzzaro…ma l’errore, forse, sta proprio nel limitare al campo (e ai suoi annessi e connessi) il rapporto stesso, che invece si dovrebbe costruire giorno per giorno, ora per ora, in ogni momento della nostra vita insieme. (certo, poi leggo di certi Guru che consigliano di tenere il cane in gabbia per tutto il tempo, escluso quello in cui si lavora…e allora mi cadono un po’ le braccia).
Il cane NON è solo sport e/o lavoro: vederlo così è un po’ come considerare un marito una macchinetta che porta a casa uno stipendio.
Che razza di rapporto si può costruire, in questo modo?
Ma riprendiamo anche il discorso “scienza”: perché a mio avviso ce n’è una sola che siamo tenuti a conoscere e che può aiutarci davvero a capire il nostro cane…ed è l’etologia, ovvero lo studio del comportamento animale.
Domanda: quanto si parla, di etologia, nella cinofilia moderna?
A me pare pochissimo. Anzi, quasi nulla.
Quella a cui si fa un costante riferimento è invece la psicologia umana, alla quale abbiamo “rapinato”, di volta in volta, studi, metodi, didattica e dialettica (rendendo la cinofilia incomprensibile alla maggior parte degli umani normali).
Vediamo un esempio a caso (ma se ne potrebbero fare altri mille): si fa un gran parlare, ultimamente, della piramide di Maslow.
A parte il fatto che a me piacerebbe sapere se, in caso di arrivo di una specie aliena sulla Terra, i nostri scienziati proverebbero a rapportarsi con lei utilizzando i criteri della psicologia umanistica (e se la risposta è “no”, mi spiegate perché lo stiamo facendo sempre più spesso col cane, che probabilmente ci somiglia ancora meno di un alieno?)…questa piramide effettivamente si può applicare – almeno a grandi linee – a tutti gli esseri viventi, cane compreso. Anche perché, diciamolo, il sciur Maslow ha scoperto l’acqua calda.
D’accordo che l’ha codificata. D’accordo che ci ha scritto un best seller… ma sempre acqua calda era, anche negli anni ’50 (come? Anni ’50? Ma certo! Abraham Harold Maslow è nato nel 1908 e il suo libro sui bisogni umani, “Motivazione e personalità”, comprendente la famosa piramide, è stato pubblicato nel 1954. O pensavate per caso che i cinofilosofi avessero fatto qualche scoperta recente?!?).
Perché parlo di scoperta dell’acqua calda?
Perché il sciur Maslow – a cui, sia ben chiaro, non importava una beata mazza dei cani – stabilì che alla base della piramide dei bisogni stanno i bisogni fisiologici. Cose tipo respirare, mangiare, dormire.
E fin qua, penso che non ci fosse bisogno di molto studio: se hai fame o se ti manca l’aria, difficilmente penserai ad altro.
Sul secondo gradino c’è il bisogno di sicurezza.
Maddai?
Una volta assodato che respirare si respira, mangiare si mangia, pipì e cacca si fanno… insomma, una volta assodato che si sopravvive, si tende curiosamente a non mettere a repentaglio la propria vita, cercando sicurezza.
Geniale, chi l’avrebbe mai detto.
Da questo punto in poi le priorità umane, secondo Maslow, sono, nell’ordine: il bisogno di appartenenza (a un gruppo sociale e familiare, tradotto in altri testi come “bisogno di affetto”), il bisogno di stima (proveniente dall’esterno) e quello di autorealizzazione.
Anche qui non mi pare di vedere nulla di rivoluzionario, se non la stessa struttura piramidale (che peraltro è stata vivacemente contestata in ambito accademico).
Se però la piramide “originale”, chiamiamola così, era semplicemente lapalissiana, la sua versione cinofila mi sembra parecchio discutibile.
Premetto che mi riferisco ad un”interpretazione che ho trovato più volte citata in rete, ma della quale – e chiedo scusa – non conosco la fonte. Però questa ho letto (in molti siti diversi) e quindi questa commento.
Se i primi tre gradini sono identici a quelli umani, a seguire troviamo – nella versione “canina” – il bisogno di accreditamento (ovvero: oltre a farne parte, il “sentire di avere un ruolo” nel gruppo di appartenenza) e il bisogno di varietà.
La cima della piramide torna ad essere identica a quella umana, perché anche qui troviamo il bisogno di autorealizzazione.
Bene: analizziamo un pochino il tutto.
Essendo il cane un animale sociale, direi che possiamo tranquillamente assimilare il bisogno di appartenenza canino a quello umano (anche se lo intendiamo come “bisogno di affetto”).
Anche l’accreditamento può essere assimilato alla stima… ma questo, in canese, si può tradurre solo nell’assunzione di un preciso ruolo gerarchico nel gruppo (e farei sarcasticamente notare che gli stessi cinofilosofi che oggi vorrebbero negare ad ogni costo le gerarchie canine sono i primi a sventolare la piramide di Maslow come una bandiera).
Il bisogno di varietà, invece, mi piacerebbe capire da dove l’hanno tirato fuori.
Indubbiamente presente nell’uomo, nella “vera” piramide di Maslow non mi pare sia mai citato: ma soprattutto, anche secondo molti Autori ben più accreditati di me, per il cane non è affatto un bisogno.
Anzi, la varietà è una cosa che lo schifa proprio.
Il cane è un abitudinario che nella vita sua non vorrebbe mai cambiare niente, e ogni minimo mutamento può portare dalla semplice seccatura al vero e proprio trauma.
Cancellerei, quindi, di peso questo gradino della piramide… senza tentare arrampicate sugli specchi come quelle che ho letto a proposito del fatto che la “solita passeggiata e i soliti giochi” trasformerebbero la vita del cane in una noia mortale.
Chiunque abbia avuto UN singolo cane, santiddio, dovrebbe essersi accorto che loro si annoiano solo quando non fanno nulla: mentre ripetere la stessa passeggiata, gli stessi giochi, gli stessi incontri eccetera è considerato il non plus ultra della vita canina!
Per questo mi piacerebbe sapere qual era lo scopo di chi ha voluto infilare questo ipoteticissimo bisogno nella piramide di Maslow rielaborata in senso cinofilo.
Pensare che avesse in mente di dire ai propri clienti “ecco, adesso che hai finito il corso di agility dovresti cominciare quello di obedience, altrimenti il cane si annoia: lo dice anche Maslow”…è pensar troppo male?
Ma arriviamo in cima alla benedetta piramide, ed esaminiamo per un attimo questo benedetto bisogno di autorealizzazione.
Ho già detto che Maslow parla più precisamente di “autostima”: ora aggiungo che tra le varie componenti inserisce, proprio in massima evidenza, la libertà.
FREEDOM, tutto maiuscolo.
Ora, vi risulta che la massima aspirazione di un cane sia quella di essere libero?
Se lo pensate, è probabile che siate animalisti… ma, perdonatemi, è indubbio che non avete la minima nozione di etologia.
Se il cane avesse voluto essere libero, non si sarebbe mai avvicinato all’uomo e non si sarebbe mai lasciato addomesticare.
La sua scelta l’ha fatta 14.000 anni fa (e forse anche 100.000 anni fa, come sembrano indicare gli studi più recenti): la libertà è bella ma scomoda e faticosa. Preferisco rinunciare e fare invece un patto di reciproca collaborazione con l’uomo.
E’ peraltro evidente che neppure i cani moderni hanno cambiato idea: i cani ferali, spesso chiamati – in modo del tutto inappopriato – “cani rinselvatichiti”, non sono assolutamente in grado di riadattarsi ad una vita davvero selvatica, e come tale libera.
Pur avendo mantenuto l’istinto predatorio, all’atto pratico non sanno più predare in modo efficace; si aggirano in cerca di cibo nei pressi degli agglomerati urbani, vivono soprattutto di rifiuti e pur avendo timore dell’uomo, qualora vengano catturati, sono ben felici di tornare ad una vita domestica assolutamente priva di libertà, ma con tutti i bisogni primari soddisfatti (da terzi) senza fatica.
Tolta, dunque, di mezzo la parola FREEDOM, vediamo cosa resta nella piramide maslowiana.
Tra le varie traduzioni disponibili, quella che mi sembra più attinente all’originale è quella che parla di “realizzare la propria identità e le proprie aspettative”: cosa che, sinceramente, mi sembra piuttosto lontana dalla portata di una mente canina.
Avete mai incontrato un cucciolo che vi dicesse: “Da grande voglio fare il campione di agility?”
O che passasse tutto il suo tempo a rimirarsi allo specchio, perché sognava una vita sui ring delle esposizioni canine?
Insomma, di cosa esattamente stiamo parlando?
Autostima ed autorealizzazione umane non sono neppure lontanamente paragonabili ai loro corrispondenti canini (ammesso e non concesso che esistano): un umano è realizzato quando ritiene di aver coronato un sogno, quando sente di aver raggiunto il top nel suo campo, quando si guarda allo specchio e pensa “Dio, quando sono figo”.
Ma un cane, secondo voi, può davvero formulare pensieri di questo genere?
Un cane può, indubbiamente, sentirsi soddisfatto e gratificato. Può sentirsi sicuro di sé e può pensare qualcosa che sicuramente somiglia a “Dio, quanto sono figo”: ma non credo che tutto questo possa venirgli da coronamento di un sogno, di una carriera, di qualcosa che aveva immaginato e che si è impegnato a raggiungere… perché un cane NON è in grado di formulare pensieri astratti così complessi: esattamente come non è in grado di percepire il significato sociale e culturale di “libertà”.
Dunque, l’autorealizzazione nel cane va ricondotta, a mio avviso, alla più semplice “autogratificazione”: qualcosa che lui non ha bisogno di trovare in un incarico presidenziale ma che, per sua fortuna, gli può arrivare anche da una ciotola piena o da una pallina.
Ma nel settore sociale gli arriverà soprattutto da un “bravo”, o dalla faccia soddisfatta del suo umano.. una volta che abbia soddisfatto i bisogni che compongono la sua “vera” piramide, e cioè i bisogni primari, quello di sicurezza, quelli di appartenenza e di accreditamento. EBBASTA!
Perché oltre a questo non c’è più nulla di canino, ma ci sono desideri e bisogni che appartengono esclusivamente all’essere umano, anche perché contemplano fasi che riguardano la cultura, la spiritualità, la moralità e mille altre sfacettature della società umana che NON ESISTONO in quella canina, né sono alla portata della mente di un cane.
Voler forzare a tutti i costi la psicologia umana infilandola a viva forza nel mondo cinofilo (ed entrando a volte in contrasto proprio con l’etologia, che invece si è sempre e solo occupata di animali) significa finire in vicoli ciechi dai quali non si riesce più ad uscire.
Prima o poi, andando avanti di questo passo, ci ritroveremo a chiederci se il cane abbia una spiritualità di tipo cristiano o non sia magari più tendente al buddhismo.
Magari ci faremo pure gli stage e i convegni: ma poi, quando un cane non reagirà nel modo previsto ai bocconcini nascosti nella mano, non sapremo più che pesci pigliare. Perché non ci aiuteranno né Buddha, né Gesù Cristo.
Forse, allora, andremo a chiedere aiuto alla sciura Gina… sperando che quel giorno ce ne sia ancora una, da qualche parte.
Valeria, probabilmente il significato che do io al premio è diverso dall’interpretazione che ne danno quei conduttori. Ma il mio è il significato corretto, aderente al concetto intrinseco di ‘rinforzo positivo’.
Il premio deve essere dato per un motivo, come ho spiegato nel mio intervento, non certo per ingurgitare i cani alla cavolo.
Il discorso che fai tu è riferibile all’abuso del cibo che in quel modo perde il significato di premio/gratificazione.
Il premio, in definitiva, deve essere qualcosa di desiderabile da parte del cane, non qualcosa di abitudinario. Per questo, nei principi del condizionamento operante di Skinner è prevista una riduzione graduale dei premi una volta che il cane ha imparato l’esercizio fino a sparire.
In definitiva, il cane prima si siede, contemporaneamente io clicco (italianizzazione del verbo to click 🙂 ) e subito dopo premio il cane.
Riguardo ad Elisa, penso anch’io che lei intendesse il clicker come fuochino se impiegato durante lo shaping.
con i miei teppisti il clicker “non può funzionare” per insegnargli un esercizio preciso come la condotta sportiva. l’ho utilizzato in “modeling”, perciò aspettando che il cane propone un percorso, un’ azione, un gesto, in cui il clicker non è ne premio ne gratificazione, ma “indicazione”. per questo motivo il bocconcino collegato al “click” viene buttato per terra. ragà, se l’è cumplicà 🙂 per farla semplice, pensate al gioco “acqua-fuoco” dove il click corrisponde al “fuochino”. e comunque dopo aver fatto alcune esperienze, appunto come il clicker, ho fatto dei grossi passi indietro prediligendo il rinforzo sociale…
@Elisa: “…in cui il clicker non è ne premio ne gratificazione…”
Scusa Elisa, ma in questa frase vi sono due imprecisioni (e scusa se ti correggo:-) ).
Il clicker non è mai un premio, ma un mediatore che serve ad indicare al cane che sta facendo la cosa giusta (ciò che Pavlov definì nei suoi esperimenti ‘stimolo condizionato’): senza alcuna gratificazione collegata successivamente al suo suono il clicker non è altro che uno stimolo neutro. Il premio o gratificazione (qui il secondo errore: premio e gratificazione sono la stessa cosa) è conseguente, perciò, al suono del clicker.
Questo al fine di chiarire anche un discorso letto nel libro del biologo inglese J. Bradshaw ‘La naturale superiorità del cane sull’uomo’, dove egli stesso afferma il clicker essere un premio. Mi risulta una affermazione molto grave detta da un’autorità scientifica, ma voglio pensare che si tratti di un probabile ripetuto errore di traduzione.
Giovanni, dai che magari ritilighiamo un po’, altrimenti mi annoio 🙂 : non sono d’accordo sul fatto che premio e gratificazione siano sinonimi.
O meglio, è vero che dovrebbero esserlo…ma non sai quante volte ho visto conduttori allungare bocconcini (che loro intendevano come “premio”) a un cane che li prendeva – palesemente – “proprio per fargli un favore”, e che non ne erano affatto gratificati, ma semmai condizionati ad ingurgitarli…
Per quanto riguarda Bradshaw, non ho ancora avuto il coraggio di leggere quel libro: con un titolo così scemo non so cosa aspettarmi, ma di certo non mi invoglia…se poi scrive che il clicker è un premio, la voglia mi passa del tutto :-(.
Invece io ho qualche dubbio sull’affermazione di Elisa “il click corrisponde a “fuochino”. Secondo me non può esistere: il click per il cane deve essere sempre fuoco, fuocone, fuochissimo (tant’è che deve seguire immediatamente il premio, in un nanosecondo). Se invece Elisa intendeva che per “lei” il click significa fuochino durante un esercizio che sta facendo in shaping, allora va bene… si premiano i passi successivi e quindi l'”avvicinamento” a quello che vogliamo. Per noi, è vero, è “fuochino”: ma per il cane no!
Articolo che condivido per intero. Io e Betta (colei che ha ispirato la risposta di Valeria) ci sentiamo
spesso e mi ha invitato a leggere (prima di fine anno).
La risposta che Valeria fornisce è molto articolata e direi senz’altro corretta sotto tutti
i punti di vista.
Ora, io non voglio star qui a discutere sui problemi inerenti le piramidi
vere (che lascio agli egittologi che studiano gi egizi che le costruirono oltre 5000 anni fa),
anche se mi risulta difficile credere che un popolo di contadini sia diventato improvvisamente
un popolo di ingegneri edili di prim’ordine per poi tornare ad essere dei pessimi costruttori:
vedi Saqqara) o quelle ipotetiche di Maslov ed altri (che, dal mio punto di vista, trattandosi
di ‘ipotesi’ vanno sempre prese col beneficio d’inventario).
A me interessa più il lato pratico e vorrei contribuire in tal senso: ciò che io ho discusso
qualche giorno fa al telefono con Betta per spiegare le corrette dinamiche del premio qualora
lo si voglia o debba usare.
Conosco abbastanza bene il clicker perché da lì vengo e col tempo ho imparato a valutarne
i pregi ed i difetti per poi smettere di usarlo, soprattutto
perché lavorando sui cani con problemi comportamentali il mio compito principale è quello
di riuscire a trovare i mezzi per ripristinare una situazione di equilibrio psichico (noto come
omeostasi psicosensoriale) e relazionale fra cane e proprietario. Dunque, se su questo si deve lavorare,
la parte addestrativa assume una importanza molto marginale, dovendo invece stimolare le dinamiche
socio-affettive e comportamentali.
Nemmeno sinceramente mi è mai interessato dover ‘inquadrare’ i miei quattro cani per le
attività sportive che di cinofilo hanno solo il fatto che vi sono dei cani che vi partecipano,
mentre il retropalco, le logiche e gli onori sono tutti umani (concordo con Valeria che ad un
cane vincere la coppetta o il salame di quartiere interessa relativamente poco, se non nulla). Quando
facciamo qualcosa è per divertirsi e per migliorare le proprie conoscenze (mie e loro) e non certo
per agonismo.
Ma torniamo al clicker, o per meglio dire all’abuso che alcuni istruttori cinofili fanno del
premio in cibo.
Usare i bocconcini come target corrisponde ad usare il luring
(‘attirare’, ma anche ‘corrompere’), che conduce spesso e volentieri ai problemi che si sono
prospettati ad Elisabetta: il cane si concentra sul cibo e non sull’esercizio e l’unica cosa
che il cane impara è considerare il proprio partner come un distributore automatico di cibo.
Si dimentica, inoltre, che anche il clicker prevede l’uso di altri tipi di premio che rispettano
il cosiddetto ‘quadrifoglio’ codificato da Inki Sjosten: il combattimento amichevole (tira e molla)
per la competitività, la pallina per l’istinto di predazione ed il contatto sociale.
Naturalmente nell’ottica dei principi dell’apprendimento operante nessuna di queste tipologie
di gratificazione deve essere usata al di fuori della propria funzione. Del resto, vedendola
da un punto di vista umano, se uno mi regala 100 euro prima di fare qualcosa, magari poi ci ripenso
e mi vado a spendere i 100 euro da qualche parte senza fare ciò che mi si chiede; invece, se io per
un mese lavoro molto ed a fine mese mi viene dato un premio extra, sono stimolato a fare la stessa
cosa il mese successivo.
Dunque, se si deve lavorare con il proprio cane in un’ottica di gratificazione, questa è la
dinamica giusta da utilizzare e non certo sventolare davanti al naso del cane il cibo.
Uno dei pregi del clicker è la possibilità di essere eclettici, dare libero sfogo alla propria fantasia
per creare nuove situazioni anche sfruttando i comportamenti del cane. Per far questo si può usare
un target, previsto nelle ‘dinamiche di gioco’ dell’apprendimento operante, che è tutta un’altra cosa
rispetto al concetto fatto da alcuni istruttori cinofili: ad esempio, quando ho voluto insegnare
alla mia piccola zwergpinscher Taniusha ad andare a marcia indietro (‘back’), sono partito da un
altro esercizio in cui una pedana (di quelle dove ci si strofina le scarpe prima di entrare in casa)
era il target (=obiettivo) che lei doveva raggiungere per poi sedercisi sopra.
Poiché lei spesso e volentieri faceva quell’esercizio a marcia indietro è stato facile trarre da
un’unica azione due esercizi diversi: il primo (‘pad’) era quello da me pensato originariamente,
il secondo (‘back’) era l’azione che spontaneamente Taniusha aveva inventato (la marcia
all’indietro) che io avevo rinforzato alla quale fu tolto ad un certo punto la pedana perché non serviva più.
Taniusha veniva premiata sempre e solo dopo che aveva effettuato una qualche azione che si avvicinava
all’obiettivo finale, senza sbattere il cibo davanti al muso come altri fanno, ma evidentemente non hanno
capito le dinamiche del condizionamento operante.
Ad un certo punto della storia, proseguendo nei miei studi e nella pratica quotidiana, ho però capito
che il clicker è legato più a schemi umani che non canini; sotto un certo punto di vista costringe il
cane a ragionare da umano (anche se con ampie possibilità di ragionamento) ed ho perciò iniziato a lavorare,
almeno con i miei cani, diversamente seguendo più le logiche comportamentali dei cani.
Il clicker ed il condizionamento classico restano per quei clienti (la maggioranza) che chiedono il mio
aiuto per istruire i cani alla condotta di base e che pretendono risultati rapidi. In pratica gli stessi
che si richiedono per avere un cane che deve fare agility, obedience ed altre attività…
Ma questa è un’altra storia che non mi interessa.
Mi auguro che i fumi dell’alcool ancora vaganti nel mio sangue dal 31 dicembre scorso non mi abbiano fatto uscire dall’argomento di questa discussione, nel qual caso vi prego di avvisarmi: prenderò un caffè forte. 😉
Secondo me, invece, il rinforzo migliore per il clicker è proprio il cibo, mentre la “caccia” (pallina) e la “lotta” (il tiramolla) tendono ad eccitare il cane in un momento in cui lo vorresti calmo e concentrato, mentre il rinforzo “sociale” (coccole) sono troppo blande.
Inoltre, se il cane si agita (non solo perde un po’ di concentrazione che sarebbe anche naturale in cani non ipermotivati) perchè hai del cibo in mano o una pallina, io inizierei a lavorare su quello … 😉
Giusto per discutere
Beh, il cibo, la pallina o quant’altro non vanno ‘tenuti in mano’, altrimenti la logica del mio discorso va a farsi benedire. Il cibo viene solitamente tenuto in un sacchetto posto al lato del trainer, ma inizialmente si pone in luoghi diversi (come anche nella tasca posteriore dei pantaloni o, se si è in casa, su uno scaffale) in modo tale che il cane sappia che verrà ricompensato ma non sappia da dove arriva il premio. La pallina o il salamotto/pezza vengono tenuti in tasca e non in bella vista. Questo sempre nell’ottica di non portare l’attenzione del cane sul premio che in quel modo perderebbe la sua funzione. Inoltre l’esercizio non avrebbe più senso, proprio per il discorso del luring che distoglie il cane dal concentrarsi su ciò che deve fare.
Non esiste un ‘rinforzo migliore’; dipende dalla circostanza e dal carattere del cane. Ad esempio con Opalino, il mio whippet, lavoro molto meglio con la pallina, mentre con Taniusha (la mia zwergpinscher) spesso e volentieri ho usato il contatto sociale.
Il contatto sociale, in particolare, è tanto più valido quanto più forte è la relazione socio-affettiva fra cane e partner umano.
Immaginavo con il whippet 🙂
E’ che mette un po’ male rinforzare un fermo durante la marcia con una pallina; oddio, con la vecchiaccia gliela tiravo direttamente in bocca 🙂
E’ che bisognerebbe rendere tutti i quattro petali del quadrifoglio, non dico equipollenti, ma utilizzabili in modo efficace: è una cosa che ho capito con l’esperienza (ma che mi sentivo dire già quasi dieci anni fa) in modo da poter mantenere il cane ad esempio “calmo” sui fermi, pompato sugli invii e sui richiami, e così via.
Poi un whippet in genere preferirà la “caccia”, il boxer la lotta … la mia kelpie quando “lavora” odia farsi toccare (nello sheepdog, poi …)
In realtà intendevo una cosa differente: anche “se non si fa”, io preferisco il cane che mantiene il controllo sui nervi anche in quelle condizioni.
ps :l’addestramento sportivo senza “relazione socio-affettiva”, è una cosa che mi fa venire l’orticaria e non mi piace neppure vederlo scritto 🙂
Guarda McZook, sulla tua ultima frase mi trovi d’accordo al 1000%. E aggiungo che mi stanno molto sullo stomaco certi personaggi che fanno i gentilisti davanti agli altri o alla telecamera e poi maltrattano i cani in altre occasioni.
puoi anche sfruttare un muro per le traettorie rettilinee; dopo un po’ di ripetizioni provi senza.
Se il cane è abituato al clicker, puoi dopo un po’ clickare nel momento in cui è “perfetto” e rinforzare qualche passo dopo (sarebbe meglio che questo lo facesse una persona dall’esterno e tu ti concentrassi sulla tua postura e movimento)
Comunque io ho sempre trovato molto utile guardare cosa fanno “i grandi” … mi ricordo che ho iniziato da completo autodidatta guardando una video-cassetta di Mary Ray … più di dieci anni fa.
Ad esempio è molto carino il DVD di Inki Sjosten (“Obedience lower classes”? … mah, dovrei andare a guardare) con il metodo dell’immagine mentale, ma ce ne sono anche di italiani
@mc zook, ti spiego un attimo come ho fatto ad insegnare alcune cose ai miei cagnoli:
stop: giocando insieme, correvo con entrambi poi fermandomi di colpo fingendo che c’era qualcosa di interessantissimo dicevo STOP. si fermavano anche loro, perciò un sacco di festa e gioco preferito con loro (preda/predatore 🙂 )
seduto: premiando le volte che spontaneamente si mettevano seduti, sempre però usando le “grandi feste”
zampa o batti il cinque: sfruttando i momenti che mi chiedevano i “grattini” usando le zampe, sempre con feste… eccetera, eccetera… raramente ho utilizzato i bocconcini anche perchè immagina una donnina frenetica in giro con due cani, borsa, cellulare, sigaretta 🙂 e magari pure le borse della spesa, mi ci mancavano pure i bocconi! e fino a che si tratta di insegnare queste cose o attività sportive che ho fatto come quelle di ricerca, tutto ok. ho anche utilizzato il clicker però in “modeling” perciò dove è sempre il cane a proporre… ora mi viene un po difficile applicare questa modalità in esercizi in cui ci sia anche la precisione e perfezione della posizione, soprattutto in una condotta che ha davvero ben poco di naturale. stavo pensando a qualche idea che induca i cani a camminarmi appiccicati alla gamba, mi hai dato un’idea con lo slalom! i coni ce li ho già, li uso come giochi di attivazione mentale, grazie dell’idea! provo domenica 🙂
articolo interessantissimo e bello! 🙂 sulla varietà, posso fare l’esempio dei miei cani: ogni giorno è ricco di novità, perchè lavorando con me quotidianamente incontrano persone nuove, cani diversi, il nostro gruppo di cani è in continua trasformazione perchè alcuni vengono adottati e nuovi arrivano. oltre al via vai di cuccioli dell’allevamento e qualche cane della pensione che sta con i nostri (a proposito: oggi si è aggiunta una jack russel che ha preso il mio maschio come un ostacolo da saltare 🙂 🙂 🙂 troppo divertente!!!). ci sono però alcune cose che devono essere dei punti fermi, per esempio il box dove i miei cani stanno mentre sto lavorando. ogni volta che lo cambio (e a volte è necessario per esigenze organizzative) è un “ritornare indietro”, appena li lascio ricominciano ad abbaiare e devo reinserire kong e giochini interattivi. oppure quando andiamo in vacanza: tutto bello, tutto divertente, tante cose da scoprire, ma quando arriva il momento di andare a letto si piazzano davanti alla porta della camera “bhè, ma non andiamo a casa a dormire?!?!?”. avere un punto di riferimento, rassicura e credo che questa sia una di quelle cose che i cani hanno in comune con noi.. dopo 9 traslochi, so quanto è importante! e lo stesso vale per la routine quotidiana, anticipare ciò che avverrà, fermo restando che ci possono poi essere le variabili che ho detto sopra… sulla condotta al piede 🙂 : @mc zook, ci ho pensato, ci ho pensato 🙂 non solo ad abbreviare la camminata, ma a dividere totalmente l’esercizio: al piede da fermi, poi qualche passo. la difficoltà, come dice valeria, non è nell’avere attenzione o nel camminare allo stesso passo, ma l’esercizio richiesto da una disciplina sportiva, che deve essere perfetto! ne un filo avanti, ne un filo indietro, attaccati alla gamba non meno di tot centimetri con il muso per aria (giustamente non vedendo dove mettono le zampe). nel frattempo mi è venuta un’altra riflessione, forse dico una cosa banale, ma essendo la prima volta che mi avvicino ad una disciplina sportiva avendo fatto tutt’altro fino ad ora, non ho potuto fare a meno di notarlo: i cani passano diverso tempo in macchina. sono andata ad una gara che è durata tutta la giornata, il cane ha fatto 3 o 4 prove di una decina di minuti l’una, il resto del tempo in macchina. chi si diverte? di una giornata simile per il cane hanno più valore le ore passate in macchina o i pochi minuti di “lavoro”? mi sa che mi do alla ricerca di tartufi 🙂 🙂 🙂
@luc: ma chi sei?!?!? 🙂
la difficolta’ delle obbedienze sportive e’ proprio coniugare precisione, velocuta’ e divertmento del cane (rispettando i suoi limiti in temperamento, eccetera eccetera).
Non e’ obbligatorio tenere il cane nel kennel, sicuramente lo e’ ancora meno dopo la gara 😉
ps: scomponi la condotta in vari esercizi … uno di precisione, un passo e stop (o due), poche ripetizioni.
Uno piu’ di apertura dove per ora ti accontenti che ti stia vicino facendo lo skalom tra coni posti ad un paio di metri l’uno dall’altro, poi accorci le distanze con il tempo
Poi puoi provare con la pallina sotto l’ascella, il boccone in bocca, dopo che ha imparato la posizione di partenza fai il primo passo facendole vedere il boccone che gli darai ma non lo tieni in mano (deve gia’ sapere pero’ bene il punto di riferimento sulla tua gamba e/o mano), …
insomma parlane con il tuo istruttore … collaborando le alternative le troverete 🙂
“facendolglielo vedere prima ma non tenendolo in mano durante l’esercizio”, maledetta dislessia da Iphone :-/
Valeria, guarda l’interpretazione di DeHasse della piramide di Maslow per i cani
Sociale-Gioco-Cognizione
Sesso Caccia disturbiossessivicompulsivi
timore fame freddo sonno dolore
Questo ha molto più senso! E’ questa la pirmide di Maslow cui mi riferisco!
Mczook, io non parlavo di te… questa in effetti è assolutamente sensata. Ma ce n’è una che gira da diverso tempo in rete e che invece è…be’, è quella che ho descritto nell’articolo. Presa di peso dalla psicologia umana e tradotta (malissimo, a mio avviso) in canese, senza interpretarla affatto, ma antropomorfizzando di brutto il cane.
Ho l’ego ipertrofico: mi piace parlare di me 🙂
L’altra non e’ applicabile ai cani, come hai fatto notare tu.
Commento puntuale: ma nessuno ha pensato di accorciare i tempi della condotta (magari tre passi solo all’inizio)? 🙂
Complimenti vivissimi!!! Di bene in meglio!..
Qualche dissenso:
Le aspettative
il percorso del classico cane cittadino è che da cucciolo è pieno di attenzioni e catalizzatore di coccole da parte di tutti, dalla famiglia e nel parco, i proprietari si spronano e parlano di più con più gente all’inizio, il cane impara costantemente cose nuove. Crescendo di solito le cose cambiano, i proprietari non sono così aperti con tutti, c’è una sostituzione di estranei che prima si avvicinavano a suon di intonazioni dolci con altri che allungano il passo in direzione contraria, il cane, lo vedo pressochè sempre, è più solo, non ha più stimoli nuovi, la vita diventa la routine che forse non si credeva sarebbe diventata. Sospetto che certi tumori nascano da questo.
Il mio Buck ha delle aspettative tradite, quando era cucciolo era sempre in un branco allargato, amici miei, altri cani… poi le cose cambiano. Ora, vedo chiaramente che desidererebbe un bel branco misto, dove magari il suo leader sia il leader di tutti. Lo vedo ogni volta che siamo in mezzo alla gente che lui riconosce come miei amici (dai toni delle parlate).
La libertà:
I cani ferali per definizione vivono ai margini dell’uomo perché non sanno cacciare o travano più conveniente nutrirsi dei rifiuti, ma non cercano il contatto dell’uomo come gli stray dogs. Non occorre comunque arrivare a questi estremi per dire che il cane ha voglia di una sua libertà pur stando accanto all’uomo. Si è avvicinato lui si, all’uomo, 100mila o più anni fa, ma non guinzagliato con l’altro capo in bocca porgendolo al primitivo. La maggior parte dei cani di adesso è imprigionata e starebbe meglio più libera, pericoli permettendo. Stanno meglio in campagna in mezzo al nulla con la possibilità di entrare e uscire dalla casa a loro piacimento.
La routine… considero una grande cavolata la convinzione che ai cani piaccia fare sempre le stesse cose. Lasciategli più libertà e vedrete il contrario. le notti di questa estate facevamo dei giri e lasciavo a il mio cane la guida. Oltre a meravigliarmi sempre perché lui libero, io in bici, sapeva dove potevo e non potevo passare io e faceva quindi delle strade adatte a me (per esempio evitava gradini alti o siepi), oltre al fatto che delle volte mi portava e sostava in dei posti che a lui non piacciono ma dove a volte mi fermo io (un bar per una birra? ^-^), facevamo sempre percorsi diversi. Abbiamo esplorato tutto nel raggio di 10 Km da casa.
E’ chiaro che vuole anche andare a “leggere” i soliti prati, se no cosa ci lascia a fare l’urina, ma fa presto anche a cambiare “zona lettura” se per qualche giorno lo porta da un altra parte.
Comunque non l’ho mai abituato alla routine e a lui non piace, lo vedo, lo so. Di andare tutti i giorni nel solito posto si rompe i maroni. La routine è adatta ai cani che comunicano con quella, che hanno aspettative in quella, che sono insicuri. Se non ci si capisce tanto bene col proprio cane, lui alle 20:00 se ti scordi di portarlo fuori come al solito, te lo verrà a dire. Questo te lo sa dire. e sa che oltre a questo non c’è niente, lo si salta e basta, si sta in casa. Un po abitudinari lo sembrano, un cane che stava in un area cani, quando l’hanno chiusa e quindi hanno levato la rete, “entrava” nello spazio vuoto dalla parte dove prima c’era il cancello dell’entrata. Si possono fare 100 supposuzioni su questo, ma non venite a dirmi che ai cani piace fare sempre il solito giro o mangiare le solite cose. AI cani insicuri si. Agli altri cani no.
Le gratificazioni:
per me niente è più gratificante per un cane di un “bravo” detto al momento opportuno. Concordo, i premietti sviano, possono servire per imparare degli esercizi, ma nelle cose che servono, nella vita, ci vuole un “bravo/a”.
Quando il mio in strada è bravo e glielo dico, il suo corpo viene attraversato da una scossa, ha un microscodinzolo, sorride, ossitocina a manetta. Tra parentesi glielo dico anche dopo un po quando interagisce bene in un incontro, quando il padrone dell’altro cane è ormai a distanza. Ma lui capisce perché gliel’ho detto
Giampi, proprio a proposito dei cani di campagna…ho avuto modo di seguire (sperimentalmente) i cani della mia ex suocera, cani “liberi” al 100%, che potevano fare esattamente quello che gli pareva e piaceva proprio perché vivevano in campagna. Ogni santissimo giorno della loro vita facevano esattamente e precisamente le stesse cose, compresi gli stessi giri e gli stessi percorsi.
Il fatto che il tuo cane sia stato “abituato” a non vivere secondo una routine la dice lunga: la scelta è stata tua, non sua. E siccome il cane si fa piacere tutto ciò che piace al suo umano, può anche darsi che adesso gradisca le variazioni sul tema. Però manca la controprova: se fosse libero di scegliere dove andare e cosa fare, senza avere te al seguito, sei sicuro che varierebbe così tanto?
si probabilmente hai ragione, però i cani di campagna hanno scelto loro cosa fare dopo forse aver provato un po tutto quello che si poteva provare lì intorno. Poi hanno raggiunto la pace zen. Noi li imprigioniamo in percorsi e orari che, magari sceglierebbero anche, ma solo dopo aver visto e provato tutto, e con la consapevolezza che se vogliono possono fare quello che gli pare in qualsiasi momento.
Prendi un cane, gli fai fare obbligatoriamente lo stesso giro bisogni ogni santo giorno, poi un giorno lo lasci libero, lui le prime volte potrà anche fare lo stesso percorso, ma dopo un po no, non credo proprio. Girerebbe e molto, fino poi a scegliere e mantenerne un altro
la mia barboncina di 16 anni fino a 2 anni fa usciva da sola ogni mattina per un’ora. La vedevo semplicemente uscire dal cancello, guardarsi attorno e partire…Ho scoperto tramite vicini e persone di conoscenza che durante quell’ora di passeggiata (poteva ritardare o anticipare il ritorno di max 10 minuto) faceva sempre lo stesso percorso: il parco vicino casa, l’argine del fiume, la casa di una signora che le dava ogni giorno un boscotto (la signora mi ha detto che se non trovava la porta di casa aperta abbaiava per avvisarla di essere arrivata), il parco dove trovata sempre il suo amico Lampo, il bar dove le davano il cioccolatino (andava dietro il bancone a prenderlo), il parco dove trovava sempre un gatto da rincorrere, ed infine tornava a casa e si metteva comoda sul divano…
Nel pomeriggio usciva sempre assieme a me come un “normalissimo” barboncino bon-ton che sta al piede senza doverlo chiedere! 🙂
Quindi sì, secondo me i cani amano la routine, purchè sia una “monotonia” che a loro piace!
Mi sa che è un po’ strumentale generalizzare questo discorso. La barboncina di Martina è arrivata a concepire lo stesso percorso perchè è formato da tutta una serie di tappe dove ha ricevuto costantemente dei rinforzi per determinati comportamenti.
Per esperienza personale al mio piace andare negli stessi posti ma lo vedi come gioisce quando è posto davanti a situazioni nuove, quando lo porti in posti diversi, quando gli dai un nuovo giocattolo, quando conosce un nuovo cane con cui giocare.
Alla faccia della routine e dello stressarsi. Ma ritengo non si possa generalizzare un modo di essere che fa parte del carattere ed in quanto tale merita rispetto, specialmente durante un percorso di educazione.
Del resto, senza forzare il paragone, anche noi umani a seconda del carattere possono piacerci le cose nuove o possiamo arrocarci in quelle conosciute anche se le stesse non sono sta gran figata.
Anche io ho due cani che porto sempre con me e, volenti o nolenti, provano esperienze diverse, scombussolo spesso la loro routine, anche perchè non ne ho una tutta mia. Devo dire che sono fortunato e non sono cani paurosi, a parte i botti, e quindi prendono sempre in modo positivo le novità. Però mi accorgo che restano comunque un poco intimoriti, nel senso che anche se liberi mi restano comunque più vicini, cercano più spesso il contatto, sia visivo che fisico, l’approvazione etc etc se invece li porto al solito posto, se facciamo il solito giro, sono molto più intraprendenti e spavaldi, si allontanano senza esitazioni, vanno anche fuori vista… insomma si vede che sono più rilassati e tranquilli.
Qua sembra che: dire che al cane piace la routine voglia dire che non sopporti le novità… mica vero! Intanto come già detto dipende da cane a cane, da carattere a carattere.
Di fondo, secondo me, qualunque cane è pienamente appagato quando ha una routine che rende stabile e sicuro il suo mondo. Per i cani timidi e paurosi è il non plus ultra, per cani con tempra e sicuri possiamo anche proporre novità giornaliere e le affronterebbero a testa… ehmmm… “coda alta”, ma non è che si annoierebbero altrimenti 😉
Secondo me dipende dal carattere e dall’educazione di ciascun cane. Alle mie due cagne, per esempio, basta poter stare con me e avere garantite diverse ore di attività al giorno: dopodiché, potrei anche cambiare pianeta continuamente, e sarebbero felicissime di seguirmi, anzi, amano le novità e i fuori programma, e odiano far sempre le stesse cose. Altri cani che conosco invece amano avere delle routine, e soffrono i cambiamenti. Tuttavia credo che sia un po’ eccessivo arrivare a fare gli stessi giri, gli stessi giochi ogni giorno: anche i cani, che conosco, che soffrono i cambiamenti, soffrono per cose eclatanti come cambiare casa o cambiare del tutto gli orari della giornata: gli piace sapere quando si va fuori, quando e per quanto si gioca, conoscere bene il posto dove vivono, ma anche loro si stufano a fare sempre le stesse passeggiate o sempre lo stesso gioco! Sinceramente trovo il paragone con i cani lasciati liberi di fare cio’ che vogliono un po’ fuorviante: i cani sono animali sociali che dipendono strettamente dall’appartenenza e collaborazione con il branco; da soli non sono capaci di molta iniziativa; perciò personalmente credo che questi cani lasciati liberi si creino una routine semplicemente perché non sono capaci, siccome animali strettamente dipendenti dal branco, di avere l’iniziativa personale per inventarsi qualcosa di nuovo da fare tutti i giorni; ma non vuol dire che amino fare le stesse cose ogni giorno, proprio perché la condizione di “essere lasciato solo a fare ciò che si vuole” non e’ quella ideale per un cane. Quella ideale e’ fare delle attività con il branco: allora si che le routine sono meno importanti e le attività nuove sono gradite!
è abbastanza discutibile il bisogno di varietà.Se come dici il cane non vuole variare la sua vita ed è un abitudinario ,allora facciamo un confronto con i cani che passano tutta la loro vita in grandi giardini oppure con i cani tenuti alla catena .
I primi hanno la libertà di muoversi,possono giocare di tanto con i loro amici a due zampe ,la loro vita non varia ,sono cani felici??
I cani alla catena appartengono alla stessa categoria del “bisogno di varietà” ricevono cibo ,ogni tanto il suo amico a due zampe gli dispensa qualche carezza anche se gli dato la prigione ,anche questi non hanno bisogna di variare la loro vita ???
Alex, ma che obiezione sarebbe? Che c’entra il tener male un cane con la varietà?
Seguendo il tuo ragionamento, potrei risponderti: il cane alla catena sarebbe felice del cambiamento, se invece delle carezze ogni tanto ricevesse qualche bel calcione nei denti?
Ovviamente si deve partire dal presupposto che il cane sia tenuto e gestito in modo corretto, non schiavizzato o messo a fare il nano da giardino (casi nei quali non avrà bisogno di “varietà”, ma di umani più intelligenti). Un cane che vive una vita completa e gratificante NON ha bisogno di “varietà” nel senso che, anche se la sua vita è ripetitiva, non si annoia affatto: anzi, i cambiamenti lo stressano.
Un cane che vive male è evidente che ha bisogno di cambiare: ma di cambiare proprio VITA, non di modificare una routine: e comunque, per quanto possa sembrare strano, si notano segni di stress perfino in cani che vivevano in modo pessimo e che sono stati portati in situazioni estremamente più vantaggiose. E’ il caso di molti cani da canile che faticano ad ambientarsi nelle nuove famiglie, proprio perché la loro vecchia routine (che noi vediamo come “vita infame in un lager”) per loro era più tranquillizzante della novità.
cerco di capire e non fare obiezioni 🙂 In questo articolo non viene citata la rassegnazione .Esiste o non esiste nei cani?
Non possiamo dire che la varietà nei cani non deve esistere,la stessa socializzazione fa parte della varietà.Come possiamo dire che per un cane la socializzazione è a vita,se poi non conosce individui diversi?
Uhm… credo che intendiamo il concetto di “varietà” in modo decisamente diverso 🙂
Allora ti cito testualmente quanto si diceva nell’articolo a cui mi riferisco: “La noia, l’incessante ripetersi di tutto ciò che è ampliamente prevedibile fino all’essere scontato può essere deprimente. Abbiamo (e hanno, i nostri cani) bisogno di varietà, di giornate che non siano la copia di quella precedente. La stessa mattina, lo stesso programma, la stessa passeggiata, gli stessi 10 minuti di pallina. Una vita semplicemente noiosa”.
Ecco, quella che viene descritta qui è esattamente la vita che ogni cane SOGNA: giornate (ovviamente piene, interessanti, gratificanti) che siano esattamente la copia delle precedenti.
Se mi interpreti l’abitudine come “cane inchiodato in un angolo che non può uscire, muoversi, vedere nessuno”, ovviamente non esiste.
Se invece la interpreti come “cane che ogni giorno esce, fa la sua passeggiata, viene liberato in un parco con cani diversi con cui può giocare, poi torna a casa, mangia, dorme, esce il pomeriggio, va al campo, fa un’oretta di agility (o di qualsiasi altra disciplina), torna a casa, gioca un po’ con i bambini, mangia, dorme”… allora ti posso assicurare che il cane NON vuole cambiare questa routine. Non si annoia affatto se deve ripeterla per tutta la vita.
Anzi… se tu gli cambi il percorso della passeggiata, o la ciotola dentro la quale mangia, o il divanetto sul quale dorme, si scoccia!
Si i cani sono come i bambini o i vecchi, tendenzialmente le novità li mettono in ansia …
Ciò non toglie che abbiano spesso piacere a conoscere posti e situazioni nuove, con differenze fra individui spesso notevoli.
invece dobbiamo intendere la varietà in questo modo :(copio e incollo )Caratteristica di ciò che è vario, che si presenta sotto molteplici aspetti ….Non possiamo generalizzare la varietà e quindi escluderla proprio perchè si presenta in molteplici aspetti :))
Se ce ne fosse bisogno confermo che anche il mio cane è misoneista. Il we (ogni we) vado con lui in collina e per la passeggiata della mattina ogni tanto cerco di trovare sentieri diversi dal solito anello (certe volte mi limito a percorrerlo in senso inverso).
Ebbene: ho notato che niente lo fa più felice della “solita strada” (nel “solito senso”). Lui sa quando lo libero e quando gli rimetto il guinzaglio (che si fa rimettere senza nessuna storia), quando incontriamo il pastore tedesco abbaione con cui correre (uno dentro l’altro fuori dalla recinzione), quando vediamo i cavalli che lui annusa con timore… eccetera. Sono io che ho bisogno di cambiare e il cane lo accetta anche, ma se facciamo la “solita passeggiata” è molto più felice.
personalmente credo che la varietà non vada né inseguita ossessivamente, né del tutto condannata. certamente l’abitudine può dare un senso di stabilità, sicurezza, tranquillità. ma se su questa stabilità viene ogni tanto inserita una variazione, non è detto che debba automaticamente essere uno stress o un problema, anzi al cane può piacere. dipende ovviamente da quale tipo di variazione gli proponiamo, e naturalmente dal carattere e dalle esperienze di vita del cane. delle mie due canette, una ha più bisogno di stimoli, si annoia con più facilità, mentre l’altra, che pure non disdegna la novità o l’attività fuori programma, tendenzialmente si gode quello che ha, e certamente non si annoia, il non far nulla è per lei ‘dolce far nulla’.
comunque, visto che durante la settimana per necessità seguiamo una routine (stesso prato, stesse passeggiate), nel week-end mi fa piacere portarle in prati diversi, ad annusare odori nuovi, e certamente questo non le stressa minimamente, anzi, sono decisamente contente. come pure sono contente di fare giochi nuovi, magari anche strani, o di andare a casa di altre persone (amici o conoscenti), dove se possono annusano tutto, o di andare in pizzeria, etc.
certamente il fatto che siano canette equilibrate, e che abbiamo un buon rapporto, aiuta molto ad inserire ogni tanto cose nuove – sono cose che facciamo insieme.
poi per il fatto che normalmente si segua una routine non me ne faccio una malattia. sono canette che fanno una vita niente male, buon cibo, buone cure, coccolate ma non soffocate, ben socializzate con cani e con umani, tre uscite al giorno di cui almeno una su prato, gioco, e ogni tanto qualcosa di nuovo, qualche stimolo interessante. certo, non sono libere, ma in fondo anche noi umani non è che siamo poi davvero così liberi, no?
sui bocconcini, forse sì, c’è una certa tendenza ad abusarne. è vero che una volta il cane lo educavi senza premietti (e per quanto mi riguarda, anche senza sculacciate – gentilista ante litteram), ma una volta non c’erano gli educatori, e mentre il proprietario può gratificare socialmente il proprio cane quando fa una cosa giusta – con lui c’è un rapporto – l’educatore si presume abbia una leva emotiva decisamente inferiore, e quindi ricorre al premietto per sopperire a quella che con lui sarebbe una bassissima motivazione sociale/affettiva.
anche volendo far da soli, però, oggi è difficilissimo educare il proprio cucciolo (o cane adulto) con la sola gratificazione sociale-affettiva, perché in famiglia c’è sempre uno che rimpinza il cane nei modi e nei momenti sbagliati, e perché in ogni prato o area cani c’è sempre almeno un distributore di croccantini ai cani altrui, che mandano la gratificazione sociale a farsi benedire.
hihii mi sa che la conosco quella che ti ha fatto la domanda 🙂
Sono d’accordo con il tuo discorso, mi chiedo però cosi ci possa essere di ragionevole ( dal punto di vista canino) in un condotta da obedience
In un ricerca tutto mi pare estremamente logico dal punto di vista del cane, cerco qualcosa o qualcuno lo trovo e prendo un premio ( coccole, pallina o cibo dipende dal cane) ma per quale motivo dovrei stare vicino vicino, camminare con la testa girata e non vedere dove vado ?
Si può chiedere ad un cane di star vicino e per un cane è comprensibile, magari durante la caccia lo faranno pure i lupi .. ma la condotta ( che non è non farmi fare cino sci ovviamente ) ?
Possiamo chiedergli un terra, ma proprio la sfinge precisa precisa ?
Come ho già detto ad Elisabetta ( tana) puoi chiedere ad un cane cose intelligenti sfruttando la sua intelligenza, ma non puoi chiedergli cose stupide in maniera intelligente.
Sono stato abbastanza confuso ? 🙂
Hai ragione, non c’e’ nulla di ragionevole DAL PUNTO DI VISTA CANINO. Ma averla insegnata al mio cane mi e’ stato utile in piu’ di un’occasione di PERICOLO per lui, per riportare senza sforzo la sua attenzione su di me. Piccolo particolare, lui pesa 45 kg io 48 e per me e’ importante qualunque stratagemma che non lo faccia tirare a TRATTORE soprattutto in situazioni di oericolo. Se me ne suggerisci qualcuno, ascolto volentieri!
Non ci siamo intesi, non dico condotta ed attenzione, ma condotta sportiva.
Un cane capisce l’importanza di stare vicino al conduttore, non allontanarsi, fermarsi quando gli si dice ecc ma la condotta “da gara” è altro…
Visto che parli di “non tirare a trattore” suppongo che tu riferisca ad un cane al guinzaglio, non parlavo di quello, si discuteva della possibilità di usare ad esempio l’apprendimento cognitivo per insegnare la condotta da gara evitando automatismi ed addescamento, non di un cane che non ti trascina, a quello qualsiasi cane equilibrato con un proprietario ragionevole arriva da solo con il giusto comportamento ed anche uscendo dal meccanismo esercizio-ricompensa.
Il discorso dell’ottima sciura Rossi mi pare assai sensato, ma dipende pure dal cane, ce ne sono alcuni che lavorano a coccole e bravo, altri con il cibo, certi con palline o salamotti di iuta.
Tu come hai fatto ad insegnarla ?
Ciao Luc, scusa allora se non ho capito, ma leggo mentre sto facendo la traduzione di una visura camerale (SIC)! Ho iniziato quando aveva 4 mesi (sono una Sciuramaria) e al campo di sicuro mi hanno insegnato “piede – andiamo – bocconcino” quindi in automatismo. Pian piano, molto pian piano, sto usando solo il gesto della mano per far girare il cane verso di me mentre andiamo, quando lo ritengo opportuno (esempio vedo per prima io una lepre in mezzo ad un campo o un gatto nascosto)… confesso che non siamo al 100% ma non demordo, ho un cane testardo!
Credo che stiamo dicendo le stesse cose…
Sei stato chiarissimo!
Però qui il discorso si fa ultracomplesso, perché allora potremmo chiederci, che so…per quale motivo si dovrebbe nuotare in piscina alla velocità della luce, quando potresti farti una nuotata tranquilla e senza agitarti tanto? Chi glielo fa fare a undici tizi in mutande di correre dietro a un pallone e di cercare di buttarlo proprio dentro a quella rete lì, anziché limitarsi a passarselo allegramente l’un l’altro? E perché un altro tizio sui pattini dovrebbe sforzarsi di fare il salto proprio in quel modo preciso lì, quando potrebbe zompettare a casaccio?
Lo sport, se vogliamo, è proprio una cosa imbecille in assoluto: non ha molto senso, neanche dal punto di vista umano.Però lo facciamo tutti con gioia, perché ci gratifica. Perché è una cosa scema che ci soddisfa un casino. Perché se il salto lo facciamo precisamente così, anzichè a casaccio, possiamo vincere la coppa, che è un’altra cosa che ci gratifica un casino.
E il cane? Anche il cane fa, a volte, cose sceme (anche da solo): e durante il lavoro, sportivo o meno, le fa perché gliele chiediamo noi…ma la motivazione è la stessa: vuole la coppa. Che, nel suo caso, sarà la carezza,il bocconcino, il gioco (dipende da cosa ritiene più gratificante).
Io ho avuto cani che ce la mettevano veramente tutta, e che erano felicissimi di mettercela tutta, per fare la sfinge più “sfingiosa” possibile,solo perché sapevano che se la facevano così io avrei gridato un “Bravoooooo!!!” entusiasta. E quel “bravo” era la sua coppa.
Il motivo per cui si fanno cose sceme è sempre lo stesso: divertirsi e ottenere una gratificazione. Per nostra fortuna, il cane si diverte a “fare cose” con noi e viene gratificato dal fatto che siamo contenti di lui. Non è una cosa intelligente? Può darsi…però non c’è niente di veramente intelligente nello sport, come non c’è niente di veramente intelligente nel gioco. Non c’è soddisfazione “intellettiva”, ma c’è soddisfazione ludica: e sia noi che i cani siamo (per fortuna, a mio avviso) animali ludici.
Il mio non era un discorso sulla liceità o sulla giustezza etologica dello sport cinofilo, quanto sul modo di insegnare le cose e per il cane di apprenderle, non si parlava di quello ?
Più frequento i cani e più mi convinco che, anche amandoli, spesso li sottovalutiamo, più volte ho avuto dimostrazione di come il cane ragioni sulle cose e le apprenda tutt’altro che meccanicamente, è esperienza credo di ognuno di coloro che lavora con i cani di come talvolta si incontrino difficoltà con un esercizio, sembra che sia destinato decisamente a “non entrargli in testa” …. poi magari si lascia stare per qualche giorno e tornandoci sopra quasi per magia lo esegue in modo perfetto, come se ci abbia riflettuto su.
Non credo che si possa negare che faccia differenza per un cane lavorare a radunare delle pecore o eseguire una condotta “da gara”, magari la ricompensa sarà la stessa ( coccole, bocconcini ed un bravo) ma secondo me cambia lo spirito.
Sarà una antropomorfizzazione ma ho talvolta l’impressione che a “far giochetti” il cane stia pensando booh facciamolo contento a me me pare scemo ma comanda lui e diamogli retta….
Non indendo dire che sia stupido fare alcune cose al cane, mi domando però si possonop insegnarle in modo intelligente ?
Oppure ci si deve limitare a “bocconcino -esercizio” ?
Non è una affermazione apodittica eh…io non l’ho ancora capito