mercoledì 10 Settembre 2025

Allevatori DOC: ce ne sono tanti, ma non lo sa nessuno

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

Ammettiamolo una buona volta: è anche colpa nostra.
E questo “nostra” comprende tutti gli “addetti ai lavori” che hanno a che fare con la cinofilia ufficiale.
Ci lamentiamo tutti dell’immondo traffico di cuccioli dall’Est (tranne l’ENCI, forse, che vede solo il business delle volture dei pedigree e gli vengono le pupille con dentro i $$$ come a zio Paperone).
Ci lamentiamo quando la gente dice che noi allevatori siamo “troppo cari” perché vendiamo a 100 quello che vale 100, e poi va in negozio a pagare 80 quello che vale 10.
Ci lamentiamo perché ci dicono che siamo brutte bestiacce cattive che lucrano sugli esseri viventi, li portano in giro in gabbia e li fanno vivere in box (vuoi mettere quei simpatici negozianti che invece li tengono in vetrina, dove possono essere accarezzati e pasticciati da tanti bei bambini? Loro sì che i cuccioli li fanno felici!).

Ci lamentiamo tutti, siamo tutti nauseati e schifati: ma ci siamo mai chiesti a cosa va incontro un neofita che vorrebbe comprare il suo primo cane?
Ci siamo mai resi conto che la cinofilia, per lui, è un labirinto inestricabile e che gli è praticamente impossibile distinguere tra “buono” e “cattivo”?
E se l’abbiamo capito… cosa possiamo fare, noi “buoni”, per distinguerci?

Per rispondere a queste domande bisogna partire dalla più semplice, la più elementare, la più banale: chi pensa di comprare un cane, cosa fa?
Quindi prendiamo un neofita a caso, assolutamente inesperto, che per motivi suoi (che qui non stiamo ad esaminare) ha deciso che vuole un cane di razza.
Domanda numero uno: perché ha preso questa decisione?
Almeno nella metà dei casi l’ha presa perché si è innamorato del cane del vicino, o del capo ufficio, o dell’amica del cognato della cugina acquisita.
In un altro buon quaranta per cento di casi si è infatuato del cane della pubblicità della carta igienica o del telefono, del protagonista del film X o del telefilm Y.
In altre parole, il novanta per cento dei neofiti decide di comprarsi un cane senza avere la più pallida idea di quello che lo aspetta.
Della razza può avere qualche informazione di seconda mano, se ha chiesto al capoufficio o all’amico del cognato della cugina: se invece è andato “a carta igienica” & affini ne conosce a malapena l’aspetto fisico (e spesso in modo impreciso: ai tempi della prima carica dei 101 erano ricercatissimi i cani con entrambe le orecchie nere, come Pongo. Il che è un difetto).
Con questa “profonda” cultura di base, la signora Rosa o il signor Giuseppe di turno partono alla ricerca del cucciolo.
E dove vanno?

Rendiamoci conto che l’italiano medio non sa neppure cosa siano l’ENCI, i Club specializzati, i Gruppi Cinofili: quindi questa è una strada che viene intrapresa una volta su dieci…che vada bene.
E già viene da chiedersi come mai, nelle rarissime occasioni  in cui la gente comune si avvicina alla cinofilia ufficiale (e cioè quando la cinofilia ufficiale va a farsi bella in TV in Collari d’Oro e affini, che sono la parodia di un’esposizione canina), non si parli  MAI della funzione dei vari organi che si occupano del cane di razza pura.
In TV si parla di entità leggendarie come se tutti sapessero chi e cosa sono, quando in realtà non lo sa nessuno.

Prendiamo per esempio i “giudici ENCI”.
Quando c’è il concorso di Miss Italia la giuria è composta da attori, registi, giornalisti famosi: magari non sempre si sa “chi” sono, ma certamente si capisce “cosa” sono.
Invece, quando si tratta di Collare d’oro…io mi vedo la signora Rosa che, davanti alla TV, sgrana gli occhi di fronte a questi strani personaggi caduti dal cielo.
Ma dove stavano, prima di arrivare in TV? Chi caspita sono, che fanno nella vita?
La signora li vede sicuramente come adepti di una misteriosa setta che si tramanda – forse di padre in figlio, e ovviamente in gran segreto – la capacità divina di giudicare i cani (e la venerabile età di molti di essi, unita all’abbigliamento alla Mandrake che sfoggiano in trasmissione, sicuramente convalida questa immagine).

La seconda entità leggendaria, molto citata ma spiegata meno di zero, è l'”allevatore”: costui in trasmissione non viene proprio identificato, neppure quando presenta il cane…però è “un po’ meno” misterioso del Giudice. Perché la signora Rosa, in un modo o nell’altro, ne ha sicuramente sentito parlare.
Come, e da chi?
Be’, dipende.
Se la signora Rosa ha visto in giro per la città i manifesti delle associazioni che “dovrebbero” combattere il randagismo, o se per caso si è avvicinata al banchetto di turno in cui si raccolgono firme per la battaglia di turno, sicuramente le hanno parlato di noi.
Malissimo.
Il messaggio che le è arrivato è stato il seguente: “Stai lontana dagli allevamenti. Ci trovi loschi personaggi che lucrano sulla pelle dei cuccioli: ladri, truffatori e razzisti.”
Evvai!
Se la signora Rosa ha sentito affermazioni di questo tipo, scordiamocela pure.
E speriamo che vada davvero a prendersi un cane al rifugio (scelta a cui plaudo con tutto il cuore)…perché se invece, putacaso, volesse proprio un cane di razza, visto che i tizi del banchetto hanno sputtanato a sangue gli allevatori ma non hanno profferito verbo contro i negozi (mi è capitato tre volte di sentirmi rivolgere personalmente la trafila antiallevatore, senza il minimo cenno ai cani dell’Est), filerebbe come un treno al pet shop sotto casa.

Ma supponiamo che la signora Rosa non ce l’abbia con gli allevatori, anzi pensi che sono brave persone come quello “che dà *** ai suoi ‘hani” e gli fa un sacco di coccole (lo spot è sparito da anni, ma ce lo siamo sorbiti in tante e tali salse che ci è rimasto impresso): o che abbia saputo che il solito cugino o la cognata dell’amica del fratello maggiore ha preso il cane “in allevamento”.
Dove lo cerca, la signora Rosa, il “suo” allevamento?
Siccome non sa che esistono ENCI e Club (o se lo sa le ritiene sette segrete a cui non prova neppure ad avvicinarsi), le possibilità in pratica sono tre: o apre le pagine gialle, o compra libri e riviste cinofile facilmente reperibili all’edicola sotto casa, oppure (se è una sciura Rosa tecnologica) digita  il nome della razza che le interessa su un motore di ricerca: ma se non ha la fortuna di imbattersi in questo sito (scusate l’autoincensata, ma quando ce vo’ ce vo’)…si ritroverà probabilmente alle prese con 16525161516 allevamenti diversi, compresi quelli di Timbuctù, in cui non ha alcuna speranza di raccapezzarsi, a meno che non sia già un’esperta.
Ma se fosse un’esperta non sarebbe il nostro prototipo di neofita DOC: quindi diciamo che la “nostra” signora Rosa o fila dritta verso il primo allevamento che trova su Internet (e che promette “cuccioli di tutte le razze sempre pronti con spedizioni in tutta Italia”: ovvero, cagnaro e/o importatore), o torna a sfogliare libri e riviste cartacee.
E cosa trova?
Sui libri, assolutamente niente: indirizzi e telefoni non ci sono quasi mai…e se ci sono, sono vecchi di secoli, perché le case editrici rinnovano le collane cinofile ogni 102 anni.
Sulle riviste, invece, la signora Rosa riesce finalmente a trovare diverse inserzioni di “allevamenti”: belle chiare, con indirizzi e telefoni.
Su alcuni giornali troverà anche il listino della…borsa canina, con i prezzi di tutte le razze (come se i cani fossero automobili e il modello “X” dovesse costare sempre la stessa cifra da qualsiasi concessionaria).
La nostra signora è finalmente giunta alla meta: si fida ciecamente delle inserzioni pubblicate sulla rivista cinofila (cavoli, in fondo è una rivista specializzata!).
Sfoglia, legge, sceglie, telefona.
E nove volte su dieci, becca il cagnaro.

Perché?
Semplicissimo: perché gli annunci sulle riviste specializzate costano cari.
E noi “addetti ai lavori” sappiamo benissimo che l’allevatore serio, coscienzioso, responsabile, preparato…insomma, l’unico allevatore da cui varrebbe la pena di acquistare un cucciolo, è un signore che alleva una o due razze al massimo, che fa al massimo due o tre cucciolate all’anno, che seleziona con cura e quindi non può produrre in quantità industriali.
Il risultato è che questo signore certamente non si arricchisce con la vendita di cani: e se dovesse pubblicizzare la propria attività su tutte le riviste cinofile, più tutti i siti Internet che parlano di cani…andrebbe rapidamente in rovina.
Non ci piove.
O si mette a vendere i cuccioli a peso d’oro (e la signora Rosa scappa via a gambe levate), o si mette a produrre trecento cuccioli l’anno (e allora non seleziona più e non è più un allevatore serio), oppure lascia perdere la promozione, si fa una bella clientela di cinofili già acculturati e preparati…e rinuncia alla signora Rosa.
La quale, a sua volta, non scoprirà mai che magari, a pochi chilometri da casa sua, c’era un ottimo allevamento della razza che le interessava.

La signora Rosa, sulla rivista o sul web, troverà invece la pubblicità di un allevamento che ha “proprio quella razza lì”: per forza, visto che le tiene praticamente tutte!
E sarà felice di scoprire che questo “allevamento” (non distinto in alcun modo dagli allevamenti SERI) il cucciolo glielo spedisce a casa, senza costringerla ad andarselo a prendere: ma che carini, ma che gentili!
Alla signora Rosa non si accende nessun campanello di allarme in testa: cosa ne sa, lei?
Chi le ha spiegato che allevare mille razze è sicura garanzia di NON qualità?
Chi le ha mai detto che i “canifici” non fanno alcuna selezione, che talora importano dall’Est e che non fanno MAI controlli sulle malattie genetiche?
Probabilmente nessuno.
Però, a volte, lo trova scritto per la prima volta proprio sulla rivista che sta sfogliando. La stessa che in fondo ha tutte quelle belle inserzioni.
Ora…mi sembra chiaro che la signora Rosa, leggendo un articolo che la mette in guardia contro i cagnari, NON penserà mai di trovare cagnari e canifici pubblicizzati sullo stesso giornale. Che senso avrebbe?
Quindi si fida degli annunci che trova…e fa malissimo, ahimè.
TUTTI i cagnari sono presenti su qualsiasi giornale, rivista, sito: sono ovunque, e non c’è da stupirsene.
Infatti i cagnari vendono davvero trecento (e più) cuccioli all’anno, fatti da loro o importati: quindi guadagnano molto e hanno molti soldi da investire in pubblicità.
D’altro canto, gli editori di riviste cinofile devono campare.
Hanno un mare di spese, hanno un pubblico ridotto (come tutta l’editoria specializzata) da dividere con una concorrenza assolutamente sproporzionata: quindi gli spazi pubblicitari devono venderli.
Certo, potrebbero (anzi, dovrebbero) vendere solo a chi dà certe garanzie di qualità, fornendo così un vero servizio ai lettori.
Purtroppo non lo fanno.
Noi ci abbiamo provato, quando siamo usciti su carta: e infatti abbiamo chiuso bottega.
Invece il noto (e ricco) editore di una nota (e ricca) rivista specializzata che ancora sopravvive e prospera, qualche anno fa, mi disse: “A me interessa che l’inserzionista paghi puntuale: non tocca a me giudicare come alleva o cosa alleva”.
Fine della storia.
Per quella affermazione io chiusi la mia collaborazione con quella rivista… ma non avrei dovuto indignarmi né stupirmi più di tanto: infatti, in Italia,  non c’è UN singolo editore cinofilo che sia…un cinofilo.
Nessuno di loro ha un passato di allevatore o di espositore: qualcuno ha un cane in casa, qualcuno neanche quello.
E così la signora Rosa, sulla famosa rivista (ma anche su quella non famosa, che avendo meno soldi è ancor più “affamata” di inserzioni) trova schierati TUTTI i peggiori cagnari italiani…affiancati da quei quattro “veri” allevatori in croce che, benestanti per i cavoli loro (e indipendentemente dai cani), possono permettersi di pagarsi la pubblicità anche se i conti non tornano.  E talora da qualche disperato che, sperando di mettere in evidenza l’ottimo lavoro che svolge, fa veri e propri sacrifici per pagarsi la singola uscita, magari in corrispondenza con la cucciolata a cui ha dedicato anima e cuore.
Ma dove esce la sua inserzione, frutto di tanto sacrificio?
Nella stessa pagina di quella del cagnaro.
E quando la signora Rosa telefona ad entrambi e scopre che l’allevatore DOC per un cucciolo chiede 1000 euro, mentre il cagnaro ne chiede 500…secondo voi, da chi va?

Bene: a questo punto, individuato il (disastroso) problema… proviamo a cercare le soluzioni.

1 – la TV, veicolo di informazione numero uno, dovrebbe “scoprire” che alla signora Rosa piacerebbe molto una trasmissione in cui le dicessero dove e come comprare un buon cucciolo senza prendere clamorose bidonate. Non arriviamo all'”eresia” di chiedere una trasmissione solo su questo argomento, per carità: ma almeno all’interno di “I love my dog” e simili, santiddio, si potrebbe trovare UN lurido minuto da dedicare all’informazione!
E guardate che il fatto che non glielo dedichino non significa che non “vogliono” fare informazione: significa semplicemente che non conoscono l’appetenza del pubblico verso l’informazione.
Autori e produttori televisivi (la maggior parte dei quali ha l’età dei giudici ENCI di cui sopra) sono abituati da sempre a pensare al pubblico come a un grazioso gregge di pecorelle deficienti da portare sempre allo stesso pascolo.
Ma se qualche migliaio di pecorelle, un giorno o l’altro puntasse i piedi e belasse: “Ehi, siamo stufe di quest’erbetta giallina: ora vogliamo quella verde”…be’, state tranquilli che si troverebbe subito un pastore disposto a portarle verso il nuovo pascolo.
Perché il pubblico di “deficienti” è anche quello che tiene in mano i fili dell’audience, fili capaci di far ballare come burattini tutti gli autori e i produttori del mondo.
Quindi, CHIEDIAMO che si parli seriamente di cani, in modo informativo e non buffonesco. Mandiamo lettere a tutti i programmi televisivi che si occupano di cani. In rete si trovano tutti i numeri di fax e  gli  indirizzi e-mail delle produzioni televisive. Basta usarli.

2 – le riviste specializzate, edite – come abbiamo visto – da NON cinofili che NON conoscono le vere esigenze del loro pubblico (tant’è vero che vanno in edicola “mirando” alla signora Rosa…ma con articoli di cui alla signora Rosa non potrebbe frega’ de meno) hanno a loro volta numeri di telefono e di fax, nonché indirizzi e-mail. Usiamo anche quelli, chiedendo che – se non altro – vengano nettamente divisi gli allevamenti riconosciuti ENCI da quelli cosiddetti “amatoriali”, e gli allevamenti specializzati (in una-due razze al massimo) dai canifici.
Chiediamo che la rivista – correttamente – ci spieghi la differenza.
Non c’è bisogno di scrivere: CAGNARI in cima alla pagina, eh?
Basta la dicitura: “allevamenti non specializzati”.
Però, in cima alla pagina di quelli specializzati, seri e competenti si dovrebbero scrivere le garanzie che offrono (per esempio, “gli allevamenti qui elencati effettuano su tutti i loro riproduttori i controlli delle malattie ereditarie X, Y e Z).
Possiamo chiederlo, sapete?
Perché l’editoria cinofila, come la TV, prende per il naso gli sponsor che gli garantiscono la sopravvivenza: ma se gli sponsor alzassero la cresta facendo precise richieste, loro la abbasserebbero subito.
Basta che queste richieste arrivino…ma è evidente che NON arriveranno mai dalla signora Rosa, che di queste cose non sa nulla.
Devono arrivare dagli allevatori seri.
Devono essere i buoni allevatori a esigere di non trovarsi affiancati al cagnaro di turno…e basta una semplice frasetta: “se non ci separate, sorry, non faremo più pubblicità con voi”.

3 – I Club di razza, infine, dovrebbero far sapere alla signora Rosa che, semplicemente… esistono. E che sono la fonte più sicura per trovare un buon allevamento, un buon cucciolo, un non-bidone. Quindi, anziché dedicare le riunioni esclusivamente all’identificazione del giudice più interessante per la Speciale di Pincopallino, potrebbero spendere un po’ di tempo – e un po’ di fondi sociali – in favore della cultura cinofila.
Potrebbero stampare volantini da distribuire alle esposizioni; potrebbero organizzare conferenze e incontri; potrebbero fare un sacco di cose NON per vendere o far vendere il cucciolo al singolo allevatore, ma per far capire alla gente che cos’è e dove si può trovare un cucciolo di qualità. Perché il giorno in cui il grande pubblico lo capirà, tutti i buoni allevatori ne avranno un immenso tornaconto, anche economico.

Non si può sempre aspettare che “ci pensi qualcun altro”  (tantomeno l’ENCI, ahinoi). Gli allevatori seri devono mettersi in moto, unirsi e protestare contro chi non li considera nel modo dovuto, far sentire la propria voce ai media, pestare i pugni all’interno delle Società specializzate affinché la cultura e l’informazione corretta vengano messe al primo posto.

P.S.:  questo articolo è stato scritto nel 2002. Sono passati quasi dieci anni e non è cambiato assolutamente nulla: è ancora attuale,  tanto che ho deciso di riproporlo pari pari, con lo stesso invito: FACCIAMOCI SENTIRE.
Chissà che, a dieci anni di distanza, magari adesso che i contatti attraverso i social network sono molto più fluidi e veloci, qualcuno non possa riciclare questa  mia vecchia idea e magari metterla in pratica.

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  • Valeria Rossi

    Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

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7 Commenti

  1. Io non so nemmeno se si può o no, ma… perchè non cominciate da “TPIC”? Non basterebbe pubblicare una bella lista? Sinceramente sono diventata PAZZA per trovare un allevamento serio per prendere il mio Balù e mi è mancato veramente pochissimo perchè cadessi nella rete del cagnaro, il quale allevava una razza sola, aveva poche cucciolate all’anno, e sembrava avere tutte quelle caratteristiche che vengono sempre attribuite agli allevatori seri. E che io mi ero informata… Ma se uno nel mondo cinofilo non ci è mai entrato, non sa neanche da che parte cominciare. E se guarda su internet trova tante belle disquisizioni su “l’allevatore dovrebbe essere così, dovrebbe essere colà” ecc. ecc., ma da NESSUNA parte e dico da NESSUNA parte si trova uno straccio di lista. Io alla fine sono approdata sul sito del club di razza, dove qualcosina c’è, ma a volte è perfino difficile capire qual è il sito del club di razza… Quindi, è vero che se veramente sei appassionato alla fine ci riesci, ma se semplicemente ti piacciono i cani e non sei un cinofanatico (in senso buono ovviamente cioè di quelli che appena leggono la parola cane da qualche parte assorbono tutto l’assorbibile e non se ne perdono una), il rischio di prendere una sonora fregatura è veramente altissimo anche senza andare a cercare il cane in un negozio.

  2. Denis, non so dove vuole arrivare questa tua analisi. Io mi sono riferito allo standard ENCI. Potevi fare un’analisi altrettanto efficace senza polemizzare sul merle. Chi vuole fare i merle li faccia, ma non dica di essere un allevatore ENCI. Poi sull’etica è un problema dell’ENCi far rispettare le regole, non è un problema mio.

  3. Ma se l’obiettivo è quello di ottenere altri merle, non si devono accoppiare due merle, perché comunque non è che in questo modo de ne ottengono di piu’. Se ne ottiene il 50% in ogni caso… e chi alleva dovrebbe saperlo…
    Quello che a me salta particolarmente agli occhi è comunque che di fronte a problemi ben piu’ gravi che interessano la cinofilia in generale e questa razza in particolare, con cani che ormai partoriscono sistematicamente con cesareo, gli allevatori titolati che nonostante queste difficoltà di riproduzione hanno femmine che partoriscono ogni sei mesi arrivando a fare sette otto e piu’ cucciolate (alla faccia delle raccomandazioni del codice etico… siii, li fanno i controlli.. si’ si’..).
    Per valutare la serietà di un allevatore non serve certo andare a controllare se ha registrato dei merle.

    Poi, a parte ciò, a me che non sono un cultore della razza…. personamente dispiacerebbe comunque che questo colore andasse perduto…. in fondo non è difficile non avere merle, basta non accoppiarli piu’ sparirebbero tutti subito. Ma però… danno poi cosi’ fastidio? In una razza che ammette *tutti* gli altri colori?
    Il problema dove stà? … Non posso non pensare alle vicende che nel passato hanno interessato altre razze, le posizione degli allevatori storici contro i barboni toy (prima visti come eresia, poi riconosciuti… e allora vanno bene), contro il cane corso (non è una razza!!), contro il pastore svizzero… cani dapprima criticatissimi che poi sono stati riconosciuti.
    O ai barboni particolor che in germania sono allevati senza riconoscimento FCI da amatori che hanno un’etica e una professionalità che i nostri allevatori “prestigiosi” se le scordano!
    Io, dal momento che i chihuahua merle ormai ci sono (e non mi sembrano particolarmente morfologicamente fuori standard… è ovvio che i primi sono stati ottenuti con meticciamento (quasi sicuramente con bassotto kaninchen), ma eviedentemente è stato fatto un buon lavoro di selezione. E per quanto mi riguarda auspico che come con i barboni particolor ci sia un’élite di amatori che tutelino questo colore e magari colgano l’occasione per darsi anche altre regole oggi disattese dalla cinofilia ufficiale, come evitare la corsa al sempre piu’ piccolo e cercare animali ancora biologicamente funzionanti, con parti normali, buona salute, si oppongano agli allevamenti intensivi, allo sfruttamento dei riproduttori e promuovano il piu’ possibile la variabilità genetica. Tanto per fare qualche esempio.

  4. Denis, il fatto che ci siano altre cose altrettanto importanti non ne esclude una. Io non posso vedere in bocca dei cani da una foto. Non posso controllare rotule o cervelli e cuori. Il rachitismo si, lo sappiamo bene chi fa accoppiare cagne da 1200 gr.! Io personalmente non me ne frego di nessuna delle cose che hai citato ma non me ne frego nemmeno del merle. Si sa bene che molti accoppiano 2 merle per ottenere altri merle! Quelli malati li buttano ovviamente. Il prognatismo può uscire dopo il cambio denti o scomparire se era presente.

  5. Ieri sera mi ha contattato una ragazza che ha appena preso un chihuahua. Voleva un po’ di informazioni su come accudirlo al meglio. Mi sono meravigliato perché non la conosco personalmente ma, come mia abitudine (mia e di valeria), sono sempre disponibile a dare una mano e non ho chiesto perché non chiede lumi al suo allevatore.
    Dopo aver risposto ad alcune domande le ho chiesto il nome dell’allevatore. Sono andato a vedere il sito. A parte la mediocrità dei soggetti. A parte l’autoincensazione (tutto secondo le regole ENCI ecc. ecc.) e poi la sorpresa! Tra gli stalloni e le fattrici vedo dei chihuahua di colore merle. Per chi non lo sapesse la FCI ha tolto il colore merle dallo standard del chihuahua e ha decretato che non deve essere assolutamente riprodotto. Ebbene, quando ho fatto notare la cosa a questa ragazza si è offesa tantissimo. Ha detto che noi allevatori stiamo sempre a parlarci dietro! Io ho tentato di spiegarle invano che la tutela della razza non è un “parlarsi dietro”, è identificare chi il lavoro lo fa seriamente e chi no. C’è un altro allevatore di chihuahua che addirittura pubblicizza nel suo sito la selezione merle. Questo allevamento è stato da poco accolto da un club che dovrebbe tutelare la razza e, per essere accolti, bisogna essere presentati da un altro socio. Faccio notare che l’iscrizione di questo allevamento è stata ritirata dal presidente in persona. Io resto dell’idea che “chi semina vento raccoglie tempesta!”, ma a qualche furbetto le cose vanno comunque bene, forse perché davvero certi club tutelano più i loro interessi che quelli della razza.

    • sinceramente con tutto quello che combiano molti allevatori, il fatto del colore merle è l’ultima cosa che andrei a guardare…. come se invece tutti gli altri con colore riconosciuto, fossero tutti perfetti…. non ci fossero prognati, fuori taglia, idrocefali, rachitici, cardipatici, claudicanti… e tutte le altre cose per le quali quasi tutti gli allevatori non ci pensano un attimo a non dare il pedigree. Almeno il colore merle “a parte l’ufficialità” non ha di per sé controindicazioni, se si evita di accoppiare due merle.
      Piuttosto del colore andiamo a vedere cose piu’ rilevanti, come l’età in cui vengono accoppiate le fattrici, le cucciolate dietro fila che fanno, anche a distanza di sei mesi o poco piu’…
      Anche in altre razze… e vedremo come siano veramente pochi quelli che si salvano. C’è un tasso di “cagnarità” impressionante. Altro che merle. Ma chissenefrega del merle… fossero sani e allevati con amore!

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