sabato 18 Ottobre 2025

Condizionamento: “parolaccia” o normale processo di apprendimento?

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

canegeniodi VALERIA ROSSI – Ho letto qualche tempo fa, ma non ricordo più dove, che “un processo cognitivo non potrà mai passare attraverso il condizionamento“. Non so se le parole erano esattamente queste, ma il concetto sicuramente sì.
Ed è un concetto con il quale non posso assolutamente essere d’accordo.
Tutto l’addestramento cinofilo – ma anche l’educazione, ovviamente – è stato legato fino a pochi anni fa soltanto al condizionamento: dapprima quello classico (pavloviano), poi quello operante.
La spiegazione dei vari termini la trovate in questo articolo e quindi non sto a ripeterla qui, anche perché non è fondamentale: quello che è fondamentale è il concetto di “condizionamento”, che in termini il più possibile semplici significa “risposta comportamentale ad uno stimolo condizionante” (e non significa in alcun modo “apprendimento attraverso la coercizione”, né nient’altro di “brutto e cattivo”).
Appare evidente che il condizionamento fa parte di tutta la vita umana e animale: noi stessi veniamo condizionati fin dalla primissima infanzia a comportarci secondo certe regole (usare il vasino, utilizzare le posate…).
Se fosse sempre possibile eliminare ogni condizionamento a favore del cognitivismo (ovvero con l’elaborazione delle informazioni che provengono dall’ambiente, che sfocia poi in un determinato comportamento), non ci sarebbe più alcun bisogno di spot pubblicitari e soprattutto non avrebbero alcun senso i messaggi subliminali, che proprio non raggiungono neppure l’area cognitiva.
Se non credete al condizionamento a cui siamo sottoposti ogni giorno (soprattutto dal mondo pubblicitario, ma non solo), provate a fare questo test:

Ma “essere condizionati” è sinonimo “non utilizzare la mente”?
Sicuramente questo sarebbe il sogno di tutti i pubblicitari (specie di quelli che utilizzano la pubblicità subliminare): in realtà i processi cognitivi si possono tranquillamente sovrapporre al condizionamento, e in alcuni casi possono superarlo: penso che ad ognuno di noi sia successo di allungare automaticamente la mano verso il prodotto superpubblicizzato, al supermercato, e poi di fermarci a riflettere sul “perché” stessimo scegliendo proprio quello, concludendo che ci avevano condizionato a preferirlo ad altri con migliore rapporto qualità-prezzo, superando l’atto istintivo di prendere proprio quello e infine acquistando il prodotto migliore.
Ma il cane è in grado di fare lo stesso tipo di ragionamento?
Probabilmente sì, anche se in misura minore di quanto possiamo farlo noi.
Sappiamo che tra cervello umano e cervello canino c’è una differenza sostanziale nella quantità di materia grigia e nel numero di neuroni: noi ne abbiamo 100 miliardi, contro i 160 milioni del cane (anche il gatto lo batte, con 300 milioni),
Inoltre nel cane non sono attive le aree di Broca e quella di Wernicke, devolute alla produzione e alla comprensione del linguaggio.
Basterebbe questo, presumo, a rendere abbastanza comici tutti i recenti tentativi di applicare la psicologia umana alla mente canina, ma qui la domanda è un’altra, e cioè: condizionamento e cognitivismo possono coesistere?
A mio avviso, assolutamente sì.
“Condizionamento” non è una parolaccia: è solo una delle (molte) possibili forme di apprendimento. Anzi, il cognitivismo in se stesso non è neppure una “forma di apprendimento” propriamente detta, perché l’apprendimento coinvolge una lunga serie di processi cognitivi: l’assunzione di informazioni, la loro elaborazione, la memoria e così via.
Ritengo ormai indubbio (anche perché supportato dalla sperimentazione scientifica… anche se personalmente non ho mai avuto bisogno di conferme di laboratorio: mi è sempre bastato osservare i miei cani) che il cane sappia ragionare e in qualche misura anche razionalizzare.
Che il cane sia un animale cognitivo è una realtà talmente palese che per quanto mi riguarda si sarebbe potuto fare a meno di tanti esperimenti in merito… però io ho avuto la fortuna di vivere in mezzo a un branco, e la maggior parte degli scienziati no.
Detto questo, mi è sempre sembrato altrettanto evidente che il cane apprende anche per condizionamento (sia classico che operante): dopodiché è in grado di ragionare su ciò che ha appreso e di modificare il comportamento appreso (a seconda di quanto gli interessa modificarlo) in modo cognitivo.
Ho raccontato in questo articolo della differenza di comportamento dei miei husky “escapisti” a seconda del target che volevano raggiungere: degli Einstein a quattro zampe quando si trattava di arrivare a una femmina in calore, dei veri pirla se l’obiettivo era una ciotola di cibo.
Se il target era di sommo interesse (femmina) sapevano mettere perfettamente in atto ogni forma di detour* (e anche di problem solving) pur di arrivare al bersaglio: se l’interesse era medio (cibo, per cani con la pancia piena) si comportavano proprio come il classico cane dell’esperimento del detour, ovvero provavano a chiedere a me di risolvere il problema. Se io non lo facevo, si rassegnavano e lasciavano perdere.
Si può riprodurre, tutto questo, in laboratorio? Ma neanche per sogno. Anche perché basterebbe modificare i termini (per esempio, mettendo il cibo di fronte ad animali realmente affamati) per avere risultati completamente diversi.
Quello che ci interessa sapere, però, è che i miei cani:
a) erano condizionati a restare tranquilli nei loro box durante la notte;
b) erano in grado di superare il condizionamento in presenza di uno stimolo sufficientemente forte (femmina in calore);
c) erano in grado di elaborare in modo cognitivo le informazioni ricevute dall’ambiente (per esempio, l’osservazione dei miei movimenti quando aprivo le porte) e di unire (probabilmente) questa elaborazione ad altre forme di apprendimento (per esempio, quella per prove ed errori) per ottenere, alla fine, il risultato voluto.
Questo ovviamente non risponde del tutto alla domanda: “un processo cognitivo può passare attraverso il condizionamento?”… ma a me sembra che sia proprio questa domanda ad essere mal posta, perché condizionamento ed elaborazioni cognitive esistono e coesistono nella vita di qualsiasi essere raziocinante, uomo, cane o gatto che sia.
Quindi non mi sembra sensato metterle in contrapposizione, mentre può essere interessante cercare di capire quanto l’una o l’altra modalità possano influire – e in quale misura – sul comportamento del cane in generale (e del singolo soggetto in particolare).

*Quello del “detour” è un esperimento che dimostra (tra le altre cose) la differenza tra un animale individualista ed uno sociale.
Di fronte al cibo tenuto dal figurante, ma irraggiungibile per l’animale perché posto al di là di un foro troppo stretto perché ci possa passare, il gatto fa immediatamente il giro intorno all’ostacolo e va a prendersi il cibo, mentre il cane prova a chiedere al figurante: “Me lo dai? Me lo dài? Eddài, non ci passo… me lo passi tu?”. Solo dopo molti tentativi di questo tipo il cane aggira l’ostacolo per raggiungere il cibo.

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  • Valeria Rossi

    Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività).
    E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online.
    Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC.
    A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO).
    Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

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18 Commenti

  1. che stronzata è sto video?
    io ho pensato all’8 e al peperone…
    di f ne ho viste 5 una mi è scappata
    sul martello ci hanno preso, ma ho pensato verde non rosso
    insomma a quanto pare sono parte del 2%
    ma già lo sapevo… non è un mondo fatto per me …
    o viceversa

  2. Ho letto solo qualche riga e subito ho pensato alle discipline giapponesi.
    Chi non ha mai visto “dai la cera – togli la cera”? E quando poi capisci pensi “‘Azz’… ecco a cosa serviva!”
    Per le arti giapponesi è un po’ così(molto in soldoni), il tuo corpo prima impara il movimento finchè non agisce per istinto. Questo mezzo ti consente di capirne, alla fine, lo scopo, l’armonia e la bellezza.
    E nessuno si scandalizza guardando Karate kid. Sbaglio?

  3. Chiunque abbia praticato anche solo un minimo di condizionamento operante (clicker…) si rende subito conto che si tratta esattamente di apprendimento. Anche chiunque abbia letto qualcosa di psicologia/pedagogia.

    Come sempre ci sono le “scuole di pensiero” che per vendere il proprio brand ghettizzano e settorializzano. Ogni tipo di apprendimento avviene perché si ricevono risposte a seguito di comportamenti. I bambini imparano così, le blatte imparano così, i cani imparano così.

    Maggiore è la capacità cognitiva del soggetto, prima impara, nei cani “svegli” si vede spessissimo addestrandoli con il clicker: si vede che a volte si fermano un attimo a pensare e poi hanno l’illuminazione e saltano alcuni passaggi, perché ci sono arrivati da soli.

  4. Il cognitivismo si è contrapposto all’apprendimento tramite condizionamento nel senso che alcuni famosi esperimenti con i ratti e i cani e i primati hanno dimostrato che esiste apprendimento latente (in assenza di ricompensa), che esiste apprendimento basato su rappresentazioni e mappe cognitive. Non credo che in psicologia (umana, d’accordo) si sia mai affermato che non esiste il condizionamento. Esiste, eccome, ed è un meccanismo pervasivo, che riguarda tutti gli organismi.
    La contrapposizione tra apprendimento condizionato e apprendimento cognitivo ha senso solo se si intende il condizionamento nel senso letterale del termine. e cioè il meccanismo tramite cui una risposta riflessa, cioè automatica, viene condizionata, e cioè emessa anche in presenza di uno stimolo che non è quello originario, per cui l’organismo è stato “programmato”.
    In questo senso, si può affermare, che il condizionamento, basandosi su meccanismi riflessi, non necessita di elaborazione cognitiva. Cioè è inconsapevole, e “sottosoglia”

    scusa la precisazione, ma questa è la materia che insegno. Ciauuuu

    • Sì, ma non era questo il punto: il punto era se davvero “nessun apprendimento cognitivo può passare attraverso il condizionamento” (che, ripeto, mi pare mal posta, come questione… ma io l’ho intesa come “non si deve condizionare il cane se si vuole che utilizzi il cognitivismo”. E per me non è così, perché le due cose possono traquillamente convivere, come fanno con ogni giorno con ogni umano del mondo).

  5. Sono d’accordissimo!Come avevo già scritto sulla bacheca della persona interessata.
    P.S. con me il giochino sul condizionamente psicologico non ha funzionato…Ho un’anima differente…IO!!!! 😀
    Un bacio!

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